di Tullio Locatelli
Quando penso a san Giuseppe vado a leggermi il vangelo che racconta i primi anni della vita di Gesù e nei quali san Giuseppe ha una presenza particolare.
Ma da un poco di tempo a questa parte, mi sono accorto che san Giuseppe è presente anche in altri passi del vangelo, ben oltre il tempo dell’infanzia e della giovinezza di Gesù, oltre la vita della santa Famiglia in Nazareth.
Alla luce di alcuni momenti del vangelo mi pare che san Giuseppe possa essere detto un “anticipatore”, o meglio che san Giuseppe nella sua vita ha già realizzato alcunei elementi fondamentali che noi troviamo nell’annuncio del Signore Gesù.
Forse qualche esempio può rendere meglio questa convinzione.
«Vegliate, poiché non sapete né il giorno, né l’ora» (Mt 25, 13).
Gesù sta parlando della sua venuta ultima e definitiva nella storia e afferma che nessuno conosce quando questo avverrà. In altri passi del vangelo Gesù invita alla vigilanza perché il Signore verrà quando uno meno se lo aspetta. In verità questo avviene anche nella vita delle persone: il Signore si fa presente al di là di ogni preavviso, di sorpresa, e saranno beati quelli che lo aspettano vigilanti.
Nella vita di san Giuseppe quante volte il Signore si è fatto presente di sorpresa, nella notte. L’indicazione del tempo, nella notte, aumenta ancora di più il senso di un avvenimento non atteso, non programmato. Pensiamo a quando san Giuseppe viene a conoscenza della gravidanza di Maria; un fatto questo del tutto sconcertante, che rivoluziona i piani e i sogni di san Giuseppe. Nella notte san Giuseppe viene avvisato di fuggire in Egitto e nella notte un angelo gli annuncia la possibilità di tornare in Israele.
Ogni volta san Giuseppe ubbidisce, cioè accoglie l’invito del Signore, lascia che il Signore entri nella sua vita.
«Siamo servi inutili. Abbiano fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17, 10).
Non sappiamo nulla della morte di san Giuseppe, anche se la tradizione ci presenta san Giuseppe che muore tra Gesù e Maria e proprio per questo lo invoca patrono della buona morte. Nelle parole di Gesù, riportate da Luca, non c’è poco apprezzamento per quello che facciamo, ma pone l’attenzione sul fare con gratuità, senza aspettarsi particolari successi o riconoscimenti.
Il non sapere nulla della morte di san Giuseppe, si pone sulla stessa linea del brano evangelico: san Giuseppe muore perché ha compiuto il suo dovere, ha realizzato fino in fondo la sua vocazione. E’ il servo che ora può chiudere gli occhi nella pace perché ha realizzato quanto gli era stato chiesto.
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21).
Gesù avverte quale sia il vero discepolo fedele, il vero credente. Ci dice di essere coerenti non solo a parole ma nei fatti e realizzare la volontà del Padre. Non è facile: ci è chiesto di lasciare da parte la nostra volontà ed aderire a quella del Signore, che spesso ci pone su cammini poco comprensibili. Quanti perché, alle volte, noi chiediamo al Signore prima di decidersi a compiere la sua volontà.
Veramente la vita di san Giuseppe si capisce solo alla luce della sua ubbidienza alla volontà del Padre. Una ubbidienza non fatta di parole, ma subito realizzata, compiuta secondo il comando ricevuto. Gesù stesso è testimone di questa ubbidienza, anzi è Colui che la comprende fino in fondo perché Gesù è venuto a compiere la volontà del Padre.
San Giuseppe: l’uomo delle beatitudini (cfr. Mt 5, 1-12).
è facile accostare le beatitudini alla persona di san Giuseppe: beati i poveri in spirito, beati i puri, beati i miti, beati i perseguitati, ecc. Gesù indicherà le beatitudini come la nuova carta fondamentale del discepolo se vuole essere sale e luce del mondo.
San Giuseppe ha vissuto le beatitudini sia come atteggiamento fondamentale della sua esistenza (esempio: beati i puri), sia come atteggiamento con il quale ha affrontato alcune situazioni (esempio: beati i perseguitati). Possiamo dire che esse sono state per san Giuseppe beatitudini veramente evangeliche perché le ha vissute per compiere la sua vocazione di custode di Gesù e di sposo di Maria. Tutta la sua vita, infatti, è comprensibile alla luce del suo matrimonio con Maria e della sua paternità verso Gesù. Non c’è altro motivo che questo! Bisogna anche concludere che ha meritato il frutto che le beatitudini prospettano: vedranno Dio, di essi è il regno dei cieli, saranno consolati…
«Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono» (Mt 13, 16-17).
è vero che Gesù pronuncia questa affermazione in un contesto particolare: stava parlando alla folla con parabole e spesso la folla non capiva, poi Gesù spiegava il senso delle sue parole solo ai suoi discepoli. Per questo essi sono beati perché sono direttamente a contatto con il Signore e a loro sono svelati i segreti del regno.
Tuttavia mi pare bello pensare a Giuseppe che vede, guarda, osserva, contempla Gesù.
Inoltre san Giuseppe parla e ascolta il Signore nella vita ordinaria di Nazareth, lo sente dialogare con Maria, lo ascolta quando insieme recitano le preghiere quotidiane. Un vedere ed un ascoltare di ogni giorno, ma sempre ricco di quel mistero che san Giuseppe ha conosciuto nel giorno della sua annunciazione. Qualche volta penso che questa sia stata la vera e propria beatitudine di san Giuseppe: vedere ed ascoltare ogni giorno il Signore.
Ci possono essere altri brani del vangelo che possono avere un raccordo con la vita di san Giuseppe, ad ognuno di noi il desiderio di cercarli e di scoprirli. In questa ricerca ci farà compagnia san Giuseppe che con la sua vita ci testimonia che è possibile vivere il vangelo.