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700° anniversario dalla morte di Dante Alighieri

di Stefania Severi

Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265 è morì a Ravenna, nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321. Quest’anno, le celebrazioni per i 700 anni dalla morte, sono venute ad incrementare ulteriormente la sua fama, già da secoli indiscussa. Sommo poeta e padre della lingua italiana, la sua notorietà è mondiale, tanto che la sua figura e la sua opera, oltre ad essere oggetto di studio in tutti i tempi, sono stati ripresi nei fumetti, come il Dante-Topolino della Walt Disney, in alcuni manga giapponesi, in videogiochi, tra cui Dante's Inferno, e sulla moneta italiana dei 2 euro.

Attori come Vittorio Gassman e Roberto Benigni lo hanno fatto oggetto delle loro recitazioni, poi diffuse attraverso la televisione. Ha ispirato opere d’arte in tutti i tempi, e d’ultimo film e la Divina Commedia Opera, con musica di monsignor Marco Frisina. Sono queste solo minime citazioni, tese a sottolineare la sua importanza e la sua fortuna. Non a caso si intitola  “Dante Alighieri” la società, con sedi dislocate in tutto il mondo, grazie alla quale la nostra cultura e la nostra lingua vengono diffuse.

Dante è poeta, teologo, filosofo, linguista e uomo politico, o forse meglio teorico della politica. È l’unico personaggio che Raffaello, nella Stanza della Segnatura nel Palazzo Vaticano, raffigura due volte: la prima è nella Disputa del Santo Sacramento, insieme ai santi ed ai dottori della Chiesa, e la seconda è nel Parnaso, con Apollo e le Muse, accanto ai grandi poeti tra i quali Omero.

Ma come ha fatto Dante ad attingere a conoscenze tanto ampie, come si evince dai suoi scritti? Non sappiamo nulla di preciso al riguardo, ma certamente dovette seguire da giovanissimo un “grammatico” e studiare il latino, la lingua base per tutti gli studi. Poi ha approfondito le Sette Arti Liberali: teologia, filosofia, fisica e astronomia (quadrivio); dialettica, grammatica e retorica (trivio). Ha frequentato dotti, tra i quali Brunetto Latini, e seguito le scuole organizzate dai domenicani di Santa Maria Novella e dai francescani di Santa Croce. È certo che nel corso di tutta la vita ha studiato di tutto e di più.

Ma qui vogliamo parlare dei suoi esordi di scrittore che sono nell’ambito della poesia. All’epoca la poesia in lingua volgare si era già diffusa in Sicilia, dove alcuni poeti avevano rielaborato la poesia d’amore giunta nell’isola dalla Francia, ed in particolare dalla Provenza. Dalla Sicilia la poesia d’amore era arrivata a Firenze, dove era andata mutando, infatti all’uso complesso dello stile e della lingua, tipico della poesia siciliana, si andava sostituendo un poetare semplice, lineare e dolce. Era nato il Dolce Stil Novo. Il poeta Guido Cavalcanti fu tra i primi a seguire questo nuovo stile, e Dante, più giovane dell’amico, lo seguì. Dante dunque scriveva poesie d’amore facendone oggetto prevalente una fanciulla da lui amata, Beatrice, che non avrebbe mai potuto avvicinare, in quanto fin dall’età di 12 anni era stato destinato, per contratto familiare, a sposare Gemma Donati. Beatrice muore giovanissima e Dante decide di scrivere una sorta di romanzo autobiografico in cui narra il suo amore e raccoglie le poesie già scritte e ritenute più significative. Nasce così il “prosimetro” la Vita Nova, un testo in cui si alternano prosa e poesia, con la spiegazione delle circostanze che hanno portato alla stesura dei testi poetici, scritti tra il 1283 e il giugno del 1291, anniversario della morte di Beatrice. La Vita Nova, il cui testo guida, una sorta di manifesto, è la canzone Donne ch'avete intelletto d'amore, raccoglie poesie celeberrime, a cominciare dal sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare. Queste poesie offrono una immagine di Beatrice quasi fosse un angelo, col compito di elevare l’amato Dante che, a sua volta, la innalzerà fino a farla diventare, nel Paradiso, immagine stessa della Sophia, la Sapienza Divina.