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Vacanze: tempo di contemplazione

di Mario Carrera

Ricorre in questi mesi il cinquecentesimo anniversario della morte di uno scrittore di cui tutti abbiamo letto o sentito raccontare: Miguel Cervantes (+1616), autore di Don Chisciotte de la Mancha. Al di là delle fantasiose e stravaganti avventure vissute dal suo personaggio, archetipo universale del cavaliere errante, nel suo raccontare Cervantes ha seminato perle di saggezza come questa: «L’arco non può star sempre teso, né la frugalità umana può resistere senza qualche legittima ricreazione».

E una legittima “ricreazione” è, in effetti, anche il periodo di vacanza. Un meritato e doveroso momento di relax per uscire dalla tensione della vita quotidiana e ridiventare padroni pacificati del nostro tempo, capaci, quindi, di ricostituire armonia in noi e attorno a noi. Prima del grande esodo per le vacanze, desidero far giungere a voi il mio più cordiale augurio, accompagnato dalla preghiera perché questo tempo rappresenti un momento di ripresa fisica e spirituale. Per chi lavora le ferie sono divenute un diritto irrinunciabile, ma anche per i pensionati, i nonni sono un’occasione per chiamarsi fuori dalla frenesia degli impegni, dall’incalzare delle preoccupazioni; per chi abita in città rappresentano una preziosa opportunità per riassaporare “l’odore” dei luoghi della nostra infanzia, ma anche un’occasione per essere utili e gioire nel donare sentimenti di amicizia ad antichi e nuovi amici. Come in ogni stagione della vita le vacanze possono offrire momenti nei quali godere i frutti di antiche amicizie e seminagioni di solidarietà. Questo relax nasce dal nuovo ritmo della nostra vita e anche da paesaggi e luoghi del nostro pellegrinare. Per alcuni giorni abbandoniamo l’asfalto per immergerci nel grembo della natura e godere, oltre che del riposo, delle bellezze che Dio ha profuso per la nostra gioia. Agli occhi di chi ha fede ogni granello di sabbia è bagnato dallo splendore della presenza di Dio. Dall’alba della creazione un flauto suona le melodie dell’ordine e canta la bellezza dei colori. Là dove l’uomo ha saputo accarezzare con mano amica la natura, con il libro della Sapienza, possiamo dire che rimaniamo stupiti di tanta bellezza, e davanti a questa bellezza noi ci inginocchiamo per adorare l’Autore di tale splendore. Andare in vacanza in certi luoghi è tuffarci nel mondo dell’evangelo, è riassaporare il linguaggio di Gesù il quale «nella profondità della sua vita interiore – diceva Paolo VI – non ha attenuato il realismo del suo sguardo, né la sua sensibilità». Gesù ha narrato la bellezza del canto degli uccelli e la filiale fiducia nella Provvidenza, ha dato la voce ai fiori del campo e il profumo al fieno, divenuto simbolo della brevità delle cose effimere; ha dato fragranza alla terra, a testimonianza del fecondo perpetuarsi di una mano paterna che veglia sulle sorti dell’uomo per dare «cibo a tempo opportuno». Gesù ha fatto entrare la linfa della salvezza nell’immagine di realtà consuete: il pane e il vino, il seminatore e la mietitura, l’ansia del pastore e la gioia per la pecorella ritrovata. Nel dolore di una donna per un bimbo che nasce si intravede già la gioia di una nuova creatura che fa capolino nel panorama dell’universo. Il salmo afferma: «Esulto di gioia all’ombra delle ali, o Signore». La creazione è la grande ala di Dio e il periodo di vacanza è la possibilità di contemplare il calore materno di quest’ala in tutta la sua ampiezza. La vacanza è un appuntamento con Dio: Dio ci attende nei luoghi della solitudine e del silenzio; l’unico dispiacere che può scaturirne è quello di lasciar passare questo periodo senza incontrarLo. Mi piace ricordare la testimonianza di Tagore, un grande maestro dello spirito, un nomade cercatore di Dio nelle vie dell’universo. In una sua preghiera egli narra che: «Vi fu un giorno in cui non mi tenni pronto a riceverti, e tu, o mio re, entrasti senza essere invitato nel mio cuore come uno della moltitudine, a me ignoto, e mettesti il sigillo dell’eternità su molti attimi fuggenti della mia vita. Ed oggi, per caso, li ritrovo e vedo la tua impronta, trovo che sono andati dispersi nella polvere, confusi con le memorie di gioie e dolori di miei inutili giorni dimenticati. Tu allora non sfuggisti spezzando i miei balocchi infantili e i passi che udii nel lungo tragitto della vita erano gli stessi che “echeggiano” di stella in stella». Le vacanze dovrebbero essere questo lasciarsi trasportare dall’ala di Dio al di sopra della meschinità umana, dovrebbero indurci a non inginocchiarsi davanti alla tracotanza, ma a rendere la nostra capacità di amare utile e feconda. Non mi resta che augurare di cuore: buone vacanze. L’augurio è però anche un’esortazione affinché i nostri occhi sappiano cogliere sul ciglio di ogni sentiero, come negli occhi di ogni creatura, una scintilla dell’amore creativo dell’Altissimo, e restituirci la consapevolezza del fatto che ogni vivente è bagnato dalla rugiada dell’infinita potenza di Dio.