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Giugno: mese del Sacro Cuore{/gspeech}
di Mario Carrera
Chiamati con il battesimo a sentir fluire la stessa vita divina nelle nostre vene, tuttavia sembra che dentro di noi si abbia paura dell’Infinito. In effetti «la paura si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente, sino a farlo crollare improvvisamente, privo di forza». È proprio nel cerchio delle nostre paure che si costruisce una rigida difesa persino di fronte all’amore divino. A volte si paralizzano anche i sogni e siamo ridotti a guardare il futuro, carico di un amore misericordioso, da dietro all’inferriata della nostra paura. La paura di lasciarci innamorare da Gesù. Con la Risurrezione Cristo, il Signore della storia, ha spezzato le catene dei molteplici timori esistenziali e a ogni persona liberata dalle catene delle nostre tante morti e paralisi, ha consegnato la carta vincente dell’esistenza: il sentirci amati.
Presi dalle nostre insicurezze non ci accorgiamo che, al nostro risveglio, il primo raggio di luce è una carezza d’amore, calda come un bacio e profumata di positivo futuro. È Dio che scende a condividere la nostra vita e a rinnovare il suo patto di amore.
Dio non ci ha amato solo ieri, ma ci ama oggi, in ogni momento, in ogni respiro. Gesù risorto è un nostro contemporaneo e, come una calamita, attira il nostro sguardo verso di lui, il perenne innamorato della nostra vita. È una verità che Lui stesso ha certificato dicendo: «Quando sarò innalzato tra cielo e terra, attirerò tutti a me»; e ancora: «Volgeranno lo sguardo verso colui che hanno trafitto».
La nostra logica umana fa fatica a comprendere che il vertice dell’amore divino si trova sulla cima del Calvario. Quelle braccia distese sulla croce simboleggiano l’abbraccio del Figlio di Dio sul mondo. Il suo sguardo è un polo di attrazione; come l’incontro tra due innamorati è un’esperienza sempre nuova, inaspettata e che fa nascere il desiderio del bello, della gioia e della serenità. In questo caso ”il bello e il gioioso” è permettere a Dio di amarci.
Nella tradizione della Chiesa il mese di giugno è dedicato alla contemplazione del Cuore di Gesù. San Luigi Guanella ha pubblicato un volumetto sul Cuore di Gesù titolandolo: «Nel mese del fervore». Per trenta giorni don Guanella accompagna il lettore alla riflessione e alla devozione ripercorrendo le tappe della vita terrena di Gesù.
Come un albero cambia le foglie ma la linfa continua ugualmente a scorrere sotto la corteccia, così anche la devozione subisce delle variazioni: cambiano le sensibilità, cambia il linguaggio, cambiano le formule, ma la fede rimane intatta e continua a produrre frutti saporosi, perché nel Cuore di Gesù abita Dio stesso e i frutti dell’amore hanno un sapore eterno. Nella vita non sempre abbiamo bisogno di un «guancia a guancia», ma intramontabile è l’esigenza di un «cuore a cuore». Evidentemente il cuore in questa devozione non è il muscolo cardiaco, ma il suo significato: Gesù è un uomo di cuore. Una persona buona che ha donato tutto se stesso per il bene nostro.
La devozione al Cuore di Gesù ritrova nella sua persona il prisma di tutte le qualità umane elevate alla potenza di Dio. In questo mese siamo invitati dallo Spirito Santo, che presiede alla fecondità della nostra crescita spirituale, a guardare a quel cuore come una sorgente di vitalità e di motivazioni a vivere, consapevoli che Dio con il suo amore umile e perseverante è talmente forte da trasformare il fango del male di questo mondo in un’onda di bene.
Spesso ci può capitare di rimanere imprigionati dalla nostalgia dei tempi passati, dove, a volte, il ricordo purifica il negativo. La memoria ci serve solo per costruire il futuro. Allora, davanti alla tentazione di dire: «ma ieri», con un colpo di reni riscattiamoci subito e cerchiamo con la fede di scorgere nel buio di oggi l’aurora di Dio.
A volte quest’aurora è lenta come sempre è lento e svogliato il tempo della sfiducia e stanchezza; comunque abbiamo la certezza che il cuore di Dio pulsa con il nostro cuore.