di Mario Carrera
Il Sinodo dei Vescovi, per parlare dei giovani e con i giovani, ha vissuto due momenti: il primo, una rete e una risonanza mondiale ha interpellato tutte le diocesi sparse nei vari continenti; il secondo, la fase conclusiva in cui le chiese locali hanno inviato il loro contributo alla presidenza, ma la partecipazione di qualche centinaio di giovani ai lavori, collaborando così ad esaminare ed illuminare le problematiche giovanili consegnando ai vescovi «un vissuto concreto con l’odore della vita» e non solo «un sentito dire».
I giovani hanno portato le aspettative e i desideri delle periferie del mondo. In questa fase di costanti cambiamenti socio-culturali, i giovani hanno chiesto alla Chiesa dei canali di comunicazione per far sentire la voce dei loro coetanei e così individuare piste esistenziali e pastorali in cui inserire fermenti evangelici.
Nella solennità dell’Annunciazione papa Francesco si è recato a Loreto e tra le pareti di quella umile casa, proprio nel focolare in cui ha preso vita la prima cellula di un’umanità rinnovata, ha siglato con la sua firma di pastore e maestro un’Esortazione apostolica che ha per titolo Cristo vive.
In un modo inconsueto, papa Francesco ha fatto della casa di Nazareth la cattedra di un nuovo magistero capace di pronunciare parole umane con un’anima divina. Dal giorno dell’Incarnazione ogni desiderio e messaggio divino passa nel grembo di un’umanità sognata da Dio.
Un grembo caldo di umanità, intessuto di relazioni umane sature di una presenza divina che si rispecchiava visibilmente nei rapporti di una “trinità terrestre”. Da sempre, e ancora oggi, quella “trinità terrestre” diventa l’incarnazione di un amore che si fa sorgente di imitazione nel credere, nell’amare e nello sperare.
L’icona della “trinità terrestre” si abbellisce con i colori della tenerezza della mamma, Maria, della laboriosità obbediente e collaborativa di Giuseppe e della presenza di un figlio da nutrire, amare ed educare e così imparare a far riflettere il vivere divino nell’umano.
Ieri a Nazareth lo Spirito Santo ha deposto il seme del nuovo progetto umanitario che si è sviluppato in Gesù, il quale a Nazareth «cresceva in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini»; oggi lo stesso Spirito depone un seme divino nella coscienza responsabile di ogni credente.
Più che mai «la Santa Casa è la casa dei giovani - ha detto il Papa -, perché qui la Vergine Maria, la giovane piena di grazia, continua a parlare alle nuove generazioni, accompagnando ciascuno nella ricerca della propria vocazione».
Ogni esistenza umana racchiude un progetto di amore tratteggiato in tre itinerari luminosi che convergono in tre tappe esistenziali: 1) il silenzio per saper ascoltare; 2) un’attenzione amorosa per poter discernere; 3) il coraggio per poter decidere, frequentando il laboratorio di un’umanità in costante gestazione.
In ogni credente c’è un itinerario simile a quello percorso da Maria ed è descritto dalla pagina evangelica. La paura dell’ignoto della fede è rassicurato dalla parola dell’angelo: «Non temere Maria». È Dio che guida la storia, è Lui sempre che prende l’iniziativa di chiamarci alla sua sequela, da parte nostra occorre essere pronti e disponibili ad ascoltare ed accogliere la sua voce ed essere costantemente spinti dalla curiosità di scoprire le sorprese che Dio riserva a ciascuno di noi.
Il secondo momento è espresso nelle parole di Maria: «Come avverrà questo?». Lei non dubita, ma esprime il suo desiderio di scoprire le sorprese di Dio. Il terzo momento è la risposta di Maria all’angelo: «Avvenga per me secondo la tua parola». È il sì della fiducia piena e della disponibilità totale alla volontà di Dio.
A Nazareth ieri e nel mondo oggi Maria è la mamma di ogni giovane che si impegna a lavorare nel laboratorio di umanità ed essere “ragazzo di bottega” per aiutare Dio a realizzare il suo sogno di farci godere un’umanità pacificata.