Natale 2018
di Mario Carrera
Inginocchiati davanti alla culla di Gesù nella sembianze di un bambino, con gli occhi illuminati dalla fede, intravediamo una carne umana abitata da Dio e scopriamo con gioia che la nostra carne è capace di ospitare Dio e avere la facoltà di respirare con il suo stesso respiro.
A Natale «il Dio invisibile si è reso visibile» nella fragilità della carne di un bambino. Come tutti i bambini, figli dell’umanità, anche Gesù ha avuto bisogno di sentirsi circondato di amore e assistito da mani operose che aiutassero questa visibilità divina a manifestarsi al mondo.
Maria, con il suo “sì” all’arcangelo Gabriele, ha permesso a Dio di possedere la sua carne e così «il Creatore si è fatto creatura» e ha seminato di immortalità ogni creatura umana.
Giuseppe, il marito di Maria e il padre legale di Gesù, ha collaborato con disponibilità e fiducia a fare maturare questo mistero di un Dio compagno di viaggio e sorgente di luce lungo i sentieri del vivere umano.
«L’esperienza della gestione di un nuovo essere nel corpo di una donna è una delle immagini più forti di una vita che si sviluppa». In questa fase è possibile sentire la presenza di una creatura umana che si sviluppa nel guscio misterioso di un grembo di donna.
È stata l’esperienza di Maria condivisa nel silenzio con Giuseppe, ma quando il guscio del mistero nascosto si è aperto e un vagito ha rotto il silenzio della notte, gli angeli si sono fatti messaggeri di gioia presso gli umili. Quegli abitanti delle periferie, i pastori, oggetto di disprezzo per il loro umile lavoro, intuiscono che nell’aria c’è qualcosa di nuovo: Dio, l’invisibile si è fatto visibile. Per questo gli angeli nella notte cantano «la gloria di Dio nel più alto dei cieli e, sulla terra, [proclamano] pace agli uomini che Dio ama».
In quella notte, i pastori si muovono verso il nuovo centro di gravità della vita dello spirito, costituito in quella povera grotta che ospita Gesù.
In quella periferia di Betlemme è stato celebrato l’esclusivo e il prototipo evento del presepio della storia umana: Dio si fa carne e si nasconde nella carne umana. San Francesco intuisce la profondità di questo evento e a Greccio desidera celebrare il Natale con persone viventi.
Francesco d’Assisi, baciando il lebbroso, ha iniziato quella straordinaria e rivoluzionaria avventura di una umanità che trasportava Dio nella nostra storia quotidiana. «Gesù, la Parola che dall’eternità era già Dio, divenne ancora più Dio, facendosi bambino nato da donna come tutti noi».
I poveri hanno intuito quella presenza e la loro povertà, condivisa con quel bambino, è divenuta la strada maestra: ha stracciato in anticipo il sentiero delle beatitudini, della solidarietà evangelica e della condivisione. Da quella notte di fine dicembre, con il movimento di pastori che portavano doni al bambino, il dar da mangiare a un fanciullo affamato è divenuto un pressante appello da non dimenticare.
Quest’anno il calendario 2019 della nostra Pia Unione scandirà i giorni con immagini di san Giuseppe che dà da mangiare a Gesù e questo costituirà il ritornello quotidiano della prima opera di misericordia: «Dar da mangiare agli affamati».
La fame oggi ha molti volti, non è solo la sensazione dello stomaco. Nel passato, famiglia, scuola, cortile, parrocchia erano i focolari dove si cuoceva il “pane quotidiano” della fraternità e della condivisone.
Come una melodia gioiosa da ascoltare ogni giorno, perché ogni giorno, per ciascuno di noi, è una nuova nascita. Dio ogni mattina, al nostro risveglio, apre le sue porte ed esce nelle nostre strade e, come dice nel libro dell’Apocalisse: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».
Non possiamo dimenticare che l’unica possibilità che ci è data di vedere e di ospitare Dio nella nostra vita, oltre che la nascita di un bambino, concretamente, sono «gli occhi degli uomini e delle donne che, qui in terra, riflettono l’immagine di un Dio vivente». Non dimentichiamo che il prossimo è l’unica immagine di Dio disponibile sulla terra che i nostri occhi possono contemplare.