Rosanna Virgili
Le donne e la nascita della Chiesa
La storia della Chiesa delle origini è quella di una realtà in continua uscita, di un’esperienza di fede che si incarna nella storia e sempre si rigenera, di incontri avvenuti sotto la guida e la spinta dello Spirito. La prima residenza della comunità cristiana è una stanza «al piano superiore dove erano soliti riunirsi» (At 1, 13): un luogo di assemblea che nella lingua originaria del Nuovo Testamento, il greco, si dice ekklesìa, vale a dire “Chiesa”.
Il nome attesta pertanto che la Chiesa è, innanzitutto, una realtà spirituale, morale, affettiva, fatta di relazioni, legami tra persone e non un apparato esteriore. La Chiesa è un “corpo” di carne e di carismi, che non vive della metaforica somma dei suoi membri, ma della comunione tra loro, nel suggello dello Spirito. La prima Pentecoste – detta dei Giudei - avviene proprio in questa prima “stanza”, in un cenacolo che è presieduto da Maria, la madre di Gesù; per questo papa Francesco scrive che «di fatto, una donna, Maria, è più importante dei vescovi» (Evangelii gaudium, 104). Sospinti dallo Spirito, gli apostoli e i discepoli vedranno sorgere sempre nuove Chiese nelle case di alcune donne.
La casa di Maria (At 12,12-17)
Si tratta di una casa che è a Gerusalemme, dove troviamo una donna come titolare: «Maria madre di Giovanni detto Marco» (At 12,12). Ella diventa la quinta “Maria” dopo quelle dei Vangeli: Maria di Nazareth, Maria di Betania, Maria madre di Cleopa (madre di Giacomo il Minore e di Giuseppe), Maria di Magdala. Il figlio di questa Maria è personaggio illustre: si tratta di Marco, noto come colui che diede il nome e il titolo al secondo Vangelo, considerato, oggi, il Vangelo che contiene una fonte di notizie su Gesù utilizzate dagli altri evangelisti, in specie Matteo e Luca (i Vangeli sinottici). A casa della madre di Marco «molti si riunivano e pregavano», certamente anche suo figlio che, quindi, dovette imparare da lei molte cose sul Signore. Maria aveva una serva che si chiamava Rode (“rosa”); fu lei, la serva, a riconoscere la voce di Pietro che bussava alla porta. Dinanzi all’incredulità generale: «Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunciare che fuori c’era Pietro. Tu vaneggi!, le dissero. Ma ella insisteva che era proprio così» (At 12, 14-15). Perseguitato per essere ucciso, liberato miracolosamente dalle catene, Pietro, rinnovato nella fede, sceglie di tornare a casa, alla casa di Maria. Quello che emerge dal racconto degli Atti circa questa “Chiesa” è che essa è una famiglia, fondata, però, sulla fede nel Signore risorto e sull’amore fraterno e non più su legami di parentela e di sangue.
La casa di Lidia (At 16, 11-15.40)
La Chiesa in uscita avanza sui passi alati e decisi di Paolo, apostolo nelle città dei gentili. La prima Chiesa europea che si forma fuori dalla Giudea è quella di Filippi, che nasce sulle rive di un fiume e si stabilisce nella casa di Lidia. Una straniera – rispetto ai giudei – che prega insieme ad altre donne, fuori dalla sinagoga, che viaggia per la sua attività di commerciante (era, infatti, di Tiatira ma si trovava a Filippi). Una vera “donna di mondo”! Lei “costringerà” Paolo e Sila a fermarsi nella sua casa, di cui è capofamiglia, e Paolo resterà. Ecco un nuovo aspetto della Chiesa nascente: essa viene “costruita” in una famiglia, viene riconosciuta là dove ci sono due o tre riuniti nel nome del Signore, persone laiche, di ogni appartenenza od origine. Lidia ha un segno distintivo di grandissimo valore simbolico: è commerciante di porpora. Il colore di un tessuto che contraddistingue la tenda di Dio in mezzo al suo popolo, il sacerdozio e la regalità. Ed ecco, allora, un terzo esempio di casa/Chiesa, dove uomini e donne, vecchi e bambini, oriundi e stranieri saranno riuniti a pregare e a condividere la mensa dell’agape fraterna; lì c’è Dio, lì c’è la fiamma dello Spirito del Signore risorto.
La casa di Aquila e Priscilla (At 18, 1-3)
Ancora una casa è quella dove nasce la grande Chiesa di Corinto, resa pietra angolare nell’ecclesiologia paolina (si pensi all’autorità delle due lettere che Paolo scriverà). L’interesse maggiore sta, questa volta, nel vedere come nasca una Chiesa e su quali elementi si edifichi. Priscilla e Aquila sono ebrei che vivevano a Roma, poi, espulsi dall’Urbe con l’editto di Claudio (49/50 a.C.), si erano rifugiati a Corinto. Paolo ha appena subito il suo più grande fallimento apostolico, quello di Atene (cfr. At 17, 22-34). Sono queste le persone e le esperienze di vita da cui nasce la comunità corinzia: ci sono dei rifugiati/rifiutati/perseguitati (Aquila e Priscilla) e degli scartati senza moglie né figli, senza dèi, senza famiglia, come Paolo, che si incontrano e iniziano a vivere sotto lo stesso tetto. Nasce una nuova famiglia fondata sull’accoglienza reciproca: Paolo è una sorta di figlio adottivo di Aquila e Priscilla mentre anche la coppia è spiritualmente “adottata” da Paolo; proprio come prefigurava Gesù quando diceva ai suoi discepoli: «Chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella, madre» (Mt 12, 50). La Chiesa di Corinto si fonda sulla fratellanza, sulla comunione dei beni, sul lavoro, sulla preghiera e sul servizio. Simbolo e modello di questa Chiesa è la tenda: «di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende» (At 18, 3). La memoria è quella della casa mobile di Dio, eretta fuori dall’accampamento di Israele, che conteneva il tabernacolo e l’Arca dell’Alleanza. Egli si faceva presente come compagno del suo popolo nel lungo e scabroso cammino dell’Esodo. Questa è la Chiesa: una casa, una famiglia, un luogo di amicizia e di alleanza, dove prende dimora il Corpo del Signore.