di mons. Angelo Sceppacerca
La Chiesa si esprime attraverso
quattro caratteristiche.
Esse sono sperimentabili e invitano gli uomini alla conversione.
Una, santa, cattolica e apostolica: sono quattro le proprietà essenziali – “note” – della Chiesa, inserite nel suo Credo fin dai primi secoli.
Chi vuol comprendere cosa sia la Chiesa, deve chiedersi anche cosa si intende affermare con la professione di fede nella Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”.
In quanto proprietà essenziali, esse nascono proprio dalla natura stessa della Chiesa e dunque non sono separabili l’una dall’altra. Così, ad esempio, non si ha una santità che non sia al tempo stesso cattolica, cioè aperta; né una cattolicità aperta (non limitata a un luogo o a un gruppo etnico) che non sia destinata a una missione universale. Così l’unità è apostolica perché legata all’opera di Gesù Cristo, ma è anche santa perché si realizza al di là di ogni organizzazione umana mediante l’opera dello Spirito Santo. La santità è cattolica perché si realizza in una immensa varietà di vocazioni; è apostolica perché proviene dall’incarnazione del Figlio di Dio. La cattolicità, infine, è una e apostolica perché non è aperta a qualunque sincretismo; è infine santa perché è di Dio.
Le quattro proprietà essenziali della Chiesa sono insieme date e da attuare. Vivono la tensione tra il “già” e il “non ancora”. Tutta la Chiesa è missionaria; tutta la Chiesa è dinamica. È il mistero di Cristo riflesso nella sua Chiesa, sua Sposa e suo Corpo. La Chiesa è una perché uno è il mediatore tra Dio e l’uomo, Gesù Cristo. È santa perché Cristo ci ristabilisce nella comunione col Dio santo. È cattolica perché è il sacramento dell’amore salvifico di Dio per tutti gli uomini e tutto l’uomo. È apostolica perché tutto procede da Cristo, Verbo incarnato che si è dato in riscatto per noi.
Le caratteristiche della Chiesa sono di per sé sufficienti a produrre conversioni di non credenti? No, perché la conversione suppone sempre un incontro, l’esperienza di una rivelazione e un appello a cambiar vita. La conversione è sempre una nuova nascita. Ma proprio nella misura in cui le note-proprietà della Chiesa divengono sperimentabili, incontrabili, percepibili nella vita dei singoli e delle comunità, l’appello alla conversione che da esse procede si fa intimo e convincente perché offre una percezione del Regno di Dio che esiste nella Chiesa. La percezione del Regno di Dio è lo svelamento, l’esperienza spirituale. E la Chiesa è “agiofania”, cioè manifestazione del Santo che è Dio.
A volte, a provocare un’esperienza di questo tipo, può essere il contatto con un monastero, oppure con i mosaici di Ravenna, o con la cattedrale di Chartres. Si racconta che Napoleone, entrandovi, avrebbe detto: «Un ateo non sarebbe a proprio agio qui». Ma ci sono luoghi e situazioni, se possibile, ancora più immediati. È il servizio al povero, all’abbandonato, alla persona disperata e sola. Vedere qualcuno chinato sulle piaghe dell’umanità – siano esse piaghe fisiche o dell’anima – provoca un turbamento dell’animo, un ripensamento, un interrogativo. E quando l’uomo chiede, Dio è lì vicino.
Ma oggi la Chiesa – diciamocelo francamente – appare effettivamente così santa? Sul suo volto non si vedono forse molte rughe, e sulle sue mani molte macchie?
I santi sono stati quelli che più le hanno rintracciate, queste mancanze. Ma sono stati anche quelli che meno hanno accusato e puntato il dito. Perché amavano la Chiesa come madre e per essa – per la sua unità, santità, cattolicità, apostolicità – hanno vissuto la loro vita e portato a termine la loro missione, col dono specifico che lo Spirito aveva messo nel loro cuore.