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Friday, 27 May 2011 12:33

Con lui nessuno si è sentito orfano

Il Beato Giovanni Paolo II

 

Il nuovo Beato ha vissuto per Dio, si è consegnato completamente a Lui per servire la Chiesa nell’uomo e si è donato come offerta sacrificale

di Graziella Fons

«Continuamente gli muore un mondo, che a se stesso non somiglia, un mondo fatto non di colori, ma di brusii». Sono due versi da «Profilo di un cireneo» che Karol Wojtyla ha scritto nel 1958, quattro mesi prima di diventare vescovo di Cracovia. Era una Via Crucis che ha per protagonista Simone di Cirene, il contadino che tornando dai campi fu chiamato dai soldati ad aiutare Gesù sulla via del Calvario. Per il futuro pontefice, Simone rappresenta l’uomo contemporaneo che, accanto a Gesù, si fa compagno di viaggio nell’aiutare e nel soccorrere il prossimo in difficoltà. Quattordici sono i personaggi che il Cireneo è chiamato a soccorrere. Sono tutti nostri contemporanei. S’incomincia con il melanconico. Lo schizofrenico, un attore, una ragazza delusa in amore, i bambini, due operai, un intellettuale, un emotivo, un volitivo, un cieco, al quale sono riferiti i due versi iniziali. Un pellegrinaggio con Gesù nell’oceano della sofferenza umana.

di don Mario Carrera

L’aveva intitolato «Nel mese del fervore» e, in quel volumetto, dedicato al Sacro Cuore, don Guanella gli aveva riversato tutta la sua devozione e il suo affetto, voleva far conoscere a tutti che in quel «cuore» è presente un abisso di misericordia.
All’inizio di questo mese di giugno, velato dalla nebbia dell’indifferenza religiosa, bagnato dalle lacrime della guerra e dalla difficoltà dell’immigrazione, vorrei invitare a far nostra una preghiera, un po’ paradossale, scritta nel diario di una giovane, che s’impegnava ad «aiutare Dio», affinché il suo nome non scomparisse dai nostri cuori: «L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi è un piccolo pezzo di Te, o Dio, dentro di noi e forse possiamo contribuire a disseppellirti dal cuore devastato di tanti uomini».

Thursday, 26 May 2011 13:16

"Perché la famiglia è in crisi"

Intervista a Giuseppe De Rita

di Anna Villani

La splendida villa nel verde, a piazza di Novella a Roma, dove ha sede il “Centro Studi Investimenti Sociali” noto come Censis, dona quella pace che fa mantenere la calma a chi legge i continui dati sulla famiglia. Numeri che lasciano tanta amarezza se si pensa che il “sì” sull’altare è diventato il più eroico degl’impegni da mantenere. Proprio di famiglia, di ruoli famigliari e giovani voglio parlare con Giuseppe De Rita che non è solo l’autorevole Presidente del Censis, ma soprattutto un uomo di fede. Crede e fa credere chi lo ascolta, convince davvero che quello che dice lo pensa. Non lo incontri negli eventi politici romani, piuttosto a quelli religiosi. Cresciuto con i padri gesuiti, è padre di 8 figli e nonno di 14 nipoti. Dietro quella statura austera c’è una persona semplice che si interroga sulla vita, sui cambiamenti e si preoccupa di dare la propria testimonianza, sapendo che il momento non è dei migliori.

Monday, 09 May 2011 14:50

Maggio 2011

Trasmissione radiofonica sulla spiritualità di San Giuseppe di don Mario Carrera.

Ascolta ora!

Wednesday, 04 May 2011 15:29

Le devozioni mariane del mese di maggio

di Carlo Lapucci

Si dice comunemente che Maggio è il mese della Madonna. Se un altro mese, ottobre, è dedicato al culto della Vergine con una precisa pratica: il rosario, maggio non ha una specifica forma, ma diverse espressioni di culto. Per questo si parla di devozioni mariane del mese di maggio.
Naturalmente il rosario è la pratica più diffusa anche in tale mese, tanto che fino a poco tempo fa in tutte le chiese in tutti i 31 giorni era prevista con notevole affluenza di popolo la recita del rosario, alla quale si poteva aggiungere la benedizione eucaristica, ed è  questa la forma più nota e persistente.

 

di Ferdinando Castelli s.j.

 

"Lettres à sa fiancée" di Léon Bloy

«Mi credi, cara Jeanne, se ti dico che ogni volta che ti scrivo sento un grande imbarazzo? Il mio cuore è pieno di te e il mio spirito si accende continuamente. Mi basta ricordare la tua figura e subito vengono a farmi compagnia pensieri divini e dolci" (Lettera di Bloy a Jeanne, 27 novembre 1889)
In tutte le lingue la parola ''amore" è tra le più citate, ma è anche tra le più inflazionate. In realtà, le contraffazioni dell'amore sono sconfinate. Si verifica per essa quanto succede al termine “Dio”.  Dio è amore, come afferma Giovanni nella sua prima lettera, ma sono innumerevoli gli idoli scambiati con Dio. Tra le deformazioni dell'amore una delle più ricorrenti è quella perpetrata dall'egoismo. L'amore sarebbe soddisfazione dei sensi, considerazione degli altri come oggetto, da usare e poi accantonare, divertimento e stordimento erotico.

Wednesday, 04 May 2011 15:22

Il dolore: un male da combattere

di p. Donato Cauzzo

Desidero proporre delle riflessioni di carattere etico generale circa il problema, o meglio l’esperienza del dolore. Cosa significa qui “etica”? In estrema semplificazione la possiamo intendere così: la riflessione sul comportamento umano per valutarlo in confronto ai valori (cosa è bene e cosa è male) e per orientarlo a forme migliori.
Nel linguaggio comune usiamo con una certa indeterminazione i termini dolore e sofferenza. Quando ad es. un paziente tenta di spiegare al medico i sintomi che lo affliggono, può dire: “Sento un forte dolore al ginocchio”, oppure: “Questa artrosi mi fa soffrire terribilmente”. Non voglio qui entrare in distinzioni concettuali troppo raffinate, più proprie del pensiero filosofico o della psicologia. Dolore e sofferenza non sono uguali. Entrambi appartengono all’esperienza del patire, ma sono di diversa natura. Spesso vanno insieme, ma possono essere distinti. Si può soffrire senza provare dolore: es. per un’ingiustizia subita, per un tradimento, per il male morale proprio o degli altri. O si può provare una forma di dolore che non causa sofferenza: es. un atleta nello sforzo della prestazione fisica, un dolore sopportato per raggiungere un bene superiore.

 

Al quartiere Trionfale

Roma è abituata a vip e personalità istituzionali, Capi di Stato e politici famosi, tanto che la gente non presta nemmeno più attenzione a chi sfila velocemente per strada con le auto blu a sirene spiegate con poliziotti e carabinieri al seguito.  Tutto normale, eppure il 19 marzo scorso, nel quartiere Trionfale, la gente si è fermata e per alcune ore per giunta, per ossequiare un passaggio illustre, quello di un uomo poco terreno e tanto divino nella fede: san Giuseppe.  Accompagnato eccezionalmente quest’anno dalla banda musicale della Città del Vaticano, il santo è riuscito a mobilitare e coinvolgere tante persone, circa tremila al seguito della processione, un altro migliaio ha preferito seguire invece con lo sguardo l’uscita della statua nelle strade, da via Bernardino Telesio a via della Giuliana, Andrea Doria, piazzale degli Eroi e ritorno in Basilica, dando le spalle all’edificio ed il volto rivolto alla folla acclamante. In quei pochi minuti, che precedevano la posa sul piedistallo di sempre, il discendente della casa di Giacobbe è sembrato benedire le anime presenti.

 

La devozione di don Guanella al Patrono universale della Chiesa

di don Luigi Guanella

Il Sommo Pontefice Pio IX, che si spera venga un giorno innalzato all’onore degli altari (il desiderio di don Guanella si è avverato il 3 settembre del 2000, ndr), volle esteso il culto di S. Giuseppe, e dichiarò il purissimo Sposo dell’Immacolata, Patriarca e Patrono della Chiesa, universale.
Il glorioso Leone XIII – lumen de coelo – volle degnamente suggellare il decreto del suo predecessore, proclamando San Giuseppe Patrono non solo delle famiglie cristiane, ma anche di tutti gli Istituti pii.
Con questo atto insigne di sapienza e di pietà, l’augusto Vicario di Cristo, glorificava il Patriarca e Capo naturale della Sacra Famiglia, riconoscendo in lui l’alta autorità che egli esercitava sopra Maria Santissima, e sullo stesso Figlio di Maria e Figlio di Dio; ma in pari tempo ne accaparrava il potentissimo patrocinio in favore di quelle grandi famiglie, delle Case di beneficenza, scaturite non dal sangue, ma dalla carità. Quelle, senza il divino aiuto, rovinerebbero miseramente.

 

Wednesday, 04 May 2011 15:12

Quanti guai procura la fame

Passando presso l'Arco della Pace, a Milano, una gelida mattina d'autunno del 1908, Don Guanella sentì un vetturino che, prendendosela col suo cavallo, mandava una fila d'orrende bestemmie.
Don  Luigi s'avvicinò e, pur non avendo un vero bisogno della carrozza, gli disse:
- Amico, volete portarmi, per favore in via Cagnola al numero 11?
Al vetturino non parve vero: lo fece salire e, con uno schiocco di frusta, mise in marcia il cavallo. Don Guanella considerò bene quell'uomo vestito poveramente, con una gabbana logora e un vecchio cappello: la faccia diceva chiaramente che doveva essere digiuno da un bel pezzo; la carrozza era sgangherata e il cavallo affamato come il padrone; una vecchia gualdrappa tutta buchi e toppe proteggeva dal freddo la povera bestia che a malapena tirava avanti.
Come furono a destinazione Don Guanella, sceso dalla carrozza, disse al vetturino:
- Volete approfittare per prendere un po' di ristoro? Con questo freddo e questa umidità ce n'è proprio bisogno... E anche il vostro cavallo forse gradirà un bel beverone caldo. Passate.
Il vetturino, per quanto imbarazzato, non seppe dire di no e Don Guanella tirò il campanello accanto al portone. S'affacciò una suora che rimase imbarazzata nel trovarsi davanti quel cavallo denutrito, quel vetturino baffuto e la faccia sorridente di Don Guanella che le disse:
di ristorarsi un poco. Bisognerebbe preparargli subito una bella zuppa calda, un po' di pane col formaggio e una bottiglia di vino.
Chiamò poi Andreìn Trombetta, un ospite della casa che aveva in custodia l'asina e gli disse:
- C'è qui questo mio amico che avrebbe bisogno di ristorarsi un poco. Bisognerebbe preparargli subito una bella zuppa calda, un po’ di pane col formaggio e una bottiglia di vino.
Chiamò poi Andreìn Trombetta, un ospite della casa che aveva in custodia l’asina e gli disse:
- Andreìn; prepariamo un bel secchio di beverone caldo per quel povero cavallo che ha una gran fame.
La suora e Andreìn rimasero sorpresi ma, senza replicare, andarono a fare quello che era stato loro comandato, mentre il vetturino e Don Guanella si misero intorno al fuoco parlando. Poco dopo il cavallo ebbe il suo ristoro e il padrone fu fatto sedere a tavola davanti a una bella zuppa, una ruota di formaggio e una di pane. L'appetito non mancava e sparì rapidamente la zuppa mentre il pane e il formaggio ebbero una severa lezione. Alla bottiglia fu riservata una lenta morte mentre il vetturino prendeva sempre più gusto alla conversazione e il sorriso tornava sulla sua faccia.
Finito che fu lo spuntino Don Guanella incartò le rimanenze e le dette al vetturino che si era alzato per ringraziare, di ben altro umore da quello in cui era quando aveva incontrato il suo cliente.
- Caro amico, gli disse Don Guanella, mi rendo conto che la fame è una brutta consigliera e che era proprio quella che vi diceva poco fa d'accendere tutti quei moccoli, ma fate attenzione, altrimenti insieme alla pazienza e alla salute perderete anche l'anima.
- Avete ragione, rispose il vetturino, avete proprio ragione e, credetemi, non sono quella canaglia che posso esservi sembrato. Questa vita mi ha fatto prendere una cattiva abitudine e credo proprio che dovrei far di tutto per perderla. Ve lo prometto e mille grazie di tutto.
Don Guanella l'accompagnò alla porta e lo salutò.
Salito a cassetta e ripresa la strada il vetturino incon trò una donna e si fermò a chiederle:
- Ma chi è quel prete che abita in quel portone? - Ma non lo sapete? È il nostro Don Luigi Guanella, un santo del Signore!
- Davvero, disse il vetturino, là ci sta proprio un santo del Signore.

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