Ascolta, ora!
In questi primi giorni di novembre le nostre comunità parrocchiali ci hanno invitato ad alzare lo sguardo, a squarciare il cielo sopra le nostre teste e a scorgere i frammenti di luce dell’aldilà, così da «Vedere la comunità dei salvati, dei santi, che vivono con il Signore, sentirne la presenza e l’unione spirituale con noi ancora in cammino» su questa terra. E così esprimere il nostro rapporto spirituale con i nostri amati defunti, avvolti in un clima di nostalgia popolata di ricordi e di speranza.
Molti di noi hanno passeggiato nel cimitero quasi una galleria di ricordi, popolata dalle foto sbiadite dal tempo, ma in questa stagione fatte rivivere con la carezza di fiori freschi, segno di un affetto senza tramonto.
Il cimitero può anche diventare il luogo in cui recuperiamo l’unità originaria dell’essere umano: Dio (Gen 1-2) fece l’adam bello e buono nella sua interezza e completezza.
Al cimitero sono presenti anche i segni mortiferi del peccato (morte, decomposizione, le lacrime, i segni del dolore e della nostalgia) devono fare spazio, per contrario, all’invocazione della resurrezione come recupero in pienezza della bellezza e bontà del disegno creaturale: attendiamo la resurrezione anche come completamento, come crescita definitiva, per la quale non semplicemente immaginiamo di ricomporre l’unità di anima e corpo, ma immaginiamo compiuto il mistero d’amore su tutta l’umanità. Se riuscissimo un po’ a tenere a bada i sentimenti e la ragione, a volte inceppata in una sorta di cortocircuito, la visita ai resti mortali dei nostri cari defunti potrebbe trasformarsi nell’evento dell’invocazione della comunione con Dio e con tutta la Chiesa e anticipazione anche gioiosa della resurrezione che agli esseri umani, ormai maturi, potrebbe far dire in modo nuovo con Cristo tutto è compiuto (Gv 19,30), nel segno della pienezza ultima.
Questo pensiero non è una fuga dal nostro presente, ma è un ancorarci al fondamento delle nostre certezze di fede.
Papa Francesco, la sera del 1 novembre al cimitero monumentale del Verano a Roma, nell’omelia pronunciata a braccio ha detto : «A quest’ora prima del tramonto in questo cimitero ci raccogliamo e pensiamo al nostro futuro[...] Il Signore Dio, la bellezza, la bontà, la verità, tenerezza, l’amore pieno ci aspetta [...] la salvezza appartiene al nostro Dio... è lui che ci salva […] è lui che ci porta come un papà, ci dà la mano alla fine della nostra vita, proprio in quel Cielo dove sono i nostri antenati».
In quella circostanza Papa Francesco per ben 12 volte ha richiamato la virtù della speranza. «Questa è la nostra speranza: la speranza del sangue di Cristo! Una speranza che non delude. Se camminiamo nella vita con il Signore, Lui non delude mai!».
E poi ha usato un’altra immagine, affermando: «I primi cristiani dipingevano la speranza con un’àncora, come se la vita fosse l’ancora gettata nella riva del Cielo e tutti noi incamminati verso quella riva, aggrappati alla corda dell’àncora. Avere il cuore ancorato là dove sono i nostri antenati, dove sono i santi, dove è Gesù, dove è Dio. Questa è la speranza che non delude». Per cui il giorno dei defunti e quello dei santi sono essenzialmente «giorni di speranza». La speranza che «è un po’ come il lievito, che ti fa allargare l’anima. Ci sono momenti difficili nella vita, ma con la speranza l’anima va avanti e guarda a ciò che ci aspetta...
I nostri fratelli e sorelle defunte sono alla presenza di Dio e anche noi saremo lì, per grazia del Signore, se cammineremo sulla strada di Gesù».
Ricordo che un paio di anni fa, al termine dell’omelia, il Papa ha rivolto gli occhi al cielo mite e azzurro com’è il cielo di Roma in questa stagione autunnale ha suggerito: «In questo tramonto, ognuno di noi può pensare al tramonto della sua vita: “Come sarà il mio tramonto?”. Tutti noi avremo un tramonto, tutti! Allora, guardo questo tramonto con speranza? Lo guardo con quella gioia di essere accolto dal Signore?
Questo è un pensiero cristiano, che ci dà pace.
Oggi è un giorno di gioia, ma di una gioia serena, tranquilla, della gioia della pace... pensiamo al nostro tramonto, quando verrà.
Pensiamo al nostro cuore e domandiamoci: “Dove è ancorato il mio cuore?”. Se non fosse ancorato bene, ancoriamolo là, in quella riva, sapendo che la speranza non delude perché il Signore Gesù non delude».