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La Santa Messa Perenne per i morenti

di Raffaele Comaschi

Quando, liberato dalla schiavitù d’Egitto, il popolo ebreo dovette scontrarsi con gli Amaleciti, assai più numerosi e forti, il Signore gli promise la vittoria fintanto che Mosè, sulla cima del monte, teneva le mani alzate verso il cielo in atteggiamento supplice. L’episodio, narrato nel libro dell’Esodo, è per la tradizione cristiana  un riferimento profetico a Gesù crocifisso che, stendendo le braccia verso il Cielo, con la sua supplica fa scendere sugli uomini la misericordia: «Sale la preghiera e scende la benedizione».

Scriveva don Guanella: «Se è grande carità soccorrere i poveri, suffragare i defunti, quanto più grande sarà aiutare i moribondi in pericolo di perdere la vita eterna e privi di ogni umano soccorso nel momento decisivo della morte».

Il 19 marzo del 1912, solennità di san Giuseppe, don Guanella inaugura la chiesa dedicata al Transito di san Giuseppe  che da subito ebbe un’eccezionale diffusione non solo in Italia ma anche all’estero; infatti, per opera dei missionari del Pime, i Gesuiti, i Salesiani e altre congregazioni la Pia Unione arrivò sino all’estremo Oriente come Cina, Giappone, Isole Salomons. Negli anni successivi  anche in Siria. Nella città di Aleppo erano migliaia gli iscritti alla Pia Unione.

San Pio X definì l’iniziativa «degna di ogni lode» e volle essere il primo degli iscritti, esortando anche i sacerdoti di tutto il mondo  a non omettere nelle intenzioni delle messe da loro celebrate il ricordo di quanti combattono la battaglia estrema della vita. L’anno seguente la nascita il papa proclamò la Pia Unione del Transito di san Giuseppe «primaria» cioè «madre» di tante filiali che si sarebbero costituite nel mondo.

Il successore di Pio X, Benedetto XV, non solo diede la sua adesione alla Pia Unione, partecipando alla “crociata” di preghiere per i moribondi, ma quando nel febbraio 1917 la nostra Associazione lanciò per i sacerdoti l’iniziativa della «messa perenne» a favore dei morenti, il Papa aderì immediatamente, impegnandosi a celebrare una Messa al primo giorno di ogni mese per i moribondi in particolare per i giovani militari al fronte della guerra. 

Nella lettera di adesione Benedetto XV scriveva: «Poiché il Romano Pontefice è il primo fra i ministri dell’altare, così a noi piace incoraggiare la lodevole iniziativa e favorire il pio divisamento andando innanzi con l’esempio ed accettando di celebrare Noi stessi, a questo caritatevole scopo, il santo Sacrificio della Messa; e ciò faremo il primo giorno di ciascun mese, ovvero il secondo, quando il primo sia giorno festivo». E si spingeva oltre, stimolato dalle innumerevoli morti che la strage della guerra operava soprattutto nei campi di battaglia, concedendo  «a quei pii Sacerdoti che annualmente applicheranno qualche Santa Messa per i poveri morenti» alcune facoltà per indulgenze Apostoliche e l’indulgenza plenaria in alcune festività liturgiche e nel giorno anniversario della loro Ordinazione sacerdotale.

In una recente intervista trasmessa da Tv2000 papa Francesco citando santa Teresa di Lisieux ha raccomandato di pregare per i morenti e diceva: «I Santi sono stati tentati fino all’ultimo momento. Santa Teresa del Gesù Bambino diceva proprio che si deve pregare tanto per i moribondi perché il diavolo scatena una tempesta di tentazioni, in quel momento. E anche a lei, santa Teresa, è stata tentata di sfiducia, di mancanza di fede. Con l’anima arida come una pietra … Ma è riuscita ad affidarsi al Signore, senza sentire niente, trovare sollievo contro questa aridità e così ha vinto la tentazione. E diceva santa Teresa che per questo è importante pregare per i moribondi. “La vita dell’uomo sulla terra è una battaglia”, lo dice il libro della Sapienza.  La nostra vita è una lotta continua  per vincere le tentazioni che sempre ci accompagneranno».

La battaglia si acuisce soprattutto alla fine, quando la nostra umanità si trova disarmata, la persona con il bagaglio delle sua storia è inghiottita dall’estrema e solitaria povertà  e ha, quindi, bisogno di un aiuto spirituale per non abbandonarsi nelle mani del Male.

 La «Messa perenne» è questa speciale e formidabile catena di preghiera nella quale viene affidata a Gesù il Redentore la salvezza delle anime che lasciano alle spalle la terra e bussano alla porta dell’eternità.

Il ruolo di san Giuseppe al servizio delle anime

L’abside della nostra basilica riproduce il mosaico del Transito di san Giuseppe in un atteggiamento sereno che alza gli occhi al Cielo, circondato da Gesù e da Maria, stringendo la sua mano destra in quella del Figlio. La Chiesa, divinamente ispirata, con premura di madre, ha pensato di costituirlo protettore dei suoi figli in questo momento culminante della vita, dal quale dipende tutta la nostra eternità.  E si sa, anche per l’esperienza di tanti santi, come Satana in quegli istanti decisivi sferri i suoi ultimi attacchi per impedire la felicità eterna.

San Giuseppe, amico del Sacro Cuore di Gesù, e padre e custode anche delle anime dei morenti, ne veglia l’agonia e ne dilegua gli sconforti e i timori, svelando loro in alto i Cieli aperti e pronunciando con autorità rassicurante l’invito: « Su coraggio salite al Cielo!».

Il Catechismo della Chiesa Cattolica così sintetizza: «La Chiesa ci incoraggia a prepararci all'ora della nostra morte invocando con le antiche Litanie dei santi di liberarci dalla morte improvvisa e a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi “nell'ora della nostra morte” e così anche nella recita dell’”Ave Maria” e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte» (CCC, 1014).

Nel cuore della Prima Guerra mondiale davanti a tanti lutti e lacrime per la morte di giovani al fronte, «La santa Crociata in onore di san Giuseppe» invitava i sacerdoti ad iscriversi nell’elenco di questa catena di misericordia in modo che si potesse completare il giro delle lancette dell’orologio con una perenne  invocazione di aiuto dal cielo per i morenti.

Ma c’era di più, la Direzione della Primaria Pia Unione del Transito esprimeva il desiderio di giungere ad avere un numero di celebrazioni, che permettesse di coprire tutto l’arco delle ore dell’intero anno. Scriveva, infatti, don Cesare Pedrini, primo direttore della nostra rivista: «Si affretti il giorno sospirato in cui ad ogni mezz’ora, sia di giorno che di notte, un sacerdote deponga nelle mani di san Giuseppe il prezzo infinito della Redenzione unitamente alle preghiere di milioni di fedeli per la salute eterna dei morenti fratelli». Un desiderio che, come appare scorrendo i vari numeri mensili del periodico, si è progressivamente realizzato e che oggi è abbondantemente soddisfatto.

 In quella stagione dell’«inutile strage», come aveva chiamato il conflitto il papa Benedetto XV, monsignor Menicatti, Vicario Apostolico in Cina, scriveva alla nostra rivista: «L’idea di una santa Messa per moribondi ogni giorno, anzi ogni ora, è qualche cosa di divino… San Giuseppe deve esaudirla fra poco tempo!».

 In questa iniziativa spiccava l’impegno dei gesuiti che nelle loro missioni in ogni parte del mondo la diffondevano, così che, per la diversità dei fusi orari,  «anche quando da noi è notte e le chiese sono buie e silenziose, in altri luoghi vi è chi offre la Vittima santa».

La tradizione della Chiesa

I libri liturgici del tempo offrivano un formulario di Messa per gli agonizzanti: «Missa votiva pro uno vel pluribus infirmis morti proximis», ma si desiderava un riferimento maggiormente esplicito al patrocinio di san Giuseppe.  Un padre Marista, missionario in Oceania, aveva composto un saggio di Messa, che, in un’udienza privata, era stato presentato a Benedetto XV dal Direttore della Pia Unione del Transito. Il Papa aveva trasmesso il testo alla Sacra Congregazione dei Riti. Questa però non l’aveva approvata, ma aveva modificato le orazioni della messa precedente. Ora nel messale del rito romano come in quello ambrosiano c’è un rituale della messa per i “morenti”.

Attualità della Messa perenne

Oggi, purtroppo, si sta perdendo l’abitudine di chiamare il prete ad assistere i morenti negli ultimi momenti. È la frazione di tempo più importante dell’esistenza: è un nuovo parto.

In quel momento non si cancella la vita, ma il dono dell’esistenza terrena entra in una nuova dimensione. I sacerdoti con la santa Messa, ma anche i laici non solo possono pregare ma diventare tutti missionari della carità che portano soccorso sicuro nel momento più serio e decisivo della vita umana e fare sì che dove non arriva l’opera del sacerdote supplisca la Misericordia di Dio sollecitata dalla nostra solidale preghiera.

Ed ecco il grande progetto della santa «Messa perenne»: «come la terra ininterrottamente presenta i suoi meridiani al sole, così un sacerdote, ad ogni momento, presenta l’immenso valore del Divin Sacrificio al Padre, accompagnato dalla supplica a san Giuseppe di milioni di fedeli».

San Massimiliano Kolbe non solo era iscritto alla “Messa perenne”, ma invitava i sacerdoti ad iscriversi. Dio ha dato a padre Kolbe, martire della carità, il compito concreto di donare la sua vita e accompagnare nel campo di concentramento di Auschwitz i suoi nove compagni condannati a morire di stenti. Padre Kolbe ha così “concelebrato” con Gesù l’estremo sacrificio della sua esistenza. 

Gli eroi hanno sempre delle intuizioni profetiche; per questo dobbiamo pregare che queste intuizioni di solidarietà per chi tocca il fondo della povertà umana possano avere una risposta generosa.