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Osservando le tre “Pietà” del sommo artista

di Mario Carrera

 

La fede non solo ispira la fantasia dell’artista, ma lavora e plasma la sua stessa vita. Questa considerazione è evidente nelle opere artistiche di Michelangelo e, in particolare, nelle tre "Pietà" che egli ha scolpito. All’età di ventiquattro anni ha scolpito la “Pietà”, quella più nota, la “Pietà” per eccellenza che ammiriamo nella basilica di san Pietro a Roma. È un inno all’amore di una giovane madre che perde un figlio in modo drammatico. Un inno alla fede e alla rassegnazione. Con il passare degli anni il dramma del morire bussa alla vena artistica dell’artista fiorentino e la morte prende il volto nella “Pietà”. Le sculture delle tre “Pietà” nella vita dell’artista hanno un itinerario quasi privato. A ventiquattro anni scolpisce una bellezza sontuosa, pur nel dramma della morte del Figlio di Dio. Le ultime due “pietà”, quella del Museo del duomo di Firenze e quella del Castello Sforzesco di Milano, sono lo specchio del suo stato d’animo di fronte alla morte. “L’incompiuta”, a Firenze, nella fisionomia di Nicodemo che sorregge il Cristo ci dona il suo autoritratto, il suo volto. La “Pietà” di Milano, nominata abitualmente “Pietà Rondanini”, è l'ultima opera di Michelangelo. Ad essa il Maestro dedicò gli ultimi pensieri e anche le ultime ore di vita.

La testimonianza è dell'11febbraio del 1564, scritta da Daniele da Volterra, che gli fu vicino sino alla morte e che così lasciò scritto: «Egli lavorò tutto il sabato, precedente la domenica di carnevale, il lunedì si ammalò; lavorò in piedi, studiando sopra quel corpo della Pietà». Il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, commentando questa testimonianza ha fatto notare: «"In piedi" e "studiando": le due espressioni non sono scelte a caso. "In piedi", perché il confronto con l'arte è, appunto, un duello, un indomito affrontarsi. "Studiando", a significare che per Michelangelo l'espressione figurativa è stata sempre, fino all'ultima vigilia, ricerca, rovello mentale, strenuo sperimentalismo». Quasi novantenne “in piedi”, alla vigilia della morte, Michelangelo ancora "studiava" il tema ultimo della vita, il senso del vivere, la nostalgia della perfezione e anche il rapporto con la madre. In questa scultura è simboleggiato il legame di ogni persona con la sorgente della sua vita: il grembo materno. Il Cristo è morto, ma dovrà risorgere: sembra che il suo corpo voglia ricomporre quell’unità tra madre e figlio per iniziare con la sua carne umana una nuova vita partendo ancora da quel grembo che l’ha ospitato. «Il Cristo che fa tutt'uno con la Madre, le due figure l'una all'altra attaccate» sembrano, attraverso la risurrezione, attingere all'ultima perfezione alla quale è destinata l’umanità redenta. «Il rapporto della Madre con il figlio - ha scritto Paolucci - è un argomento costante nella poetica dello scultore. Lo aveva affrontato per la prima volta nella “Pietà” di San Pietro, firmata e datata al 1499, quando aveva ventiquattro anni. Ci torna sopra nei suoi anni tardi, dominato dal furore e dalla "incontentabilità", nella Pietà oggi nel fiorentino Museo dell'Opera del Duomo». Esattamente poche ore prima di morire Michelangelo ritorna per l'ultima volta sull'argomento che segna il passo dell’esistenza di ogni creatura umana. «Si dice che quando un uomo sta per morire ritorni miracolosamente bambino». Nel tuffo della nostra memoria al momento in cui la vita si va spegnendo, repentinamente le ultime immagini appartengono all'infanzia remota, gli ultimi pensieri e le ultime invocazioni sono per la madre. «Il pensiero semplice e antico della morte come ritorno alle origini e quindi alla madre, occupava la fantasia del quasi novantenne Michelangelo: vicino a morire e solo, nell'inverno del 1564, di fronte alle due figure "attaccate insieme». Più che mostrare il sacrificio, l'ultima scultura di Michelangelo mostra lo stato spirituale che dal sacrificio di Cristo discende. L'umana sensazione, consolante e pietosa, della morte come ritorno alla madre. Per dovere di informazione dobbiamo testimoniare che anche don Guanella chiama la morte “madre”, una madre che educa alla vita. Nella cappella del Rosario della Sagrada Familia a Barcellona un bassorilievo presenta la Vergine Maria che tiene sul braccio sinistro Gesù bambino e con la destra tiene stretta la mano di un morente. Maria guarda Gesù e sembra che lo supplichi di aver compassione e misericordia. Nel bassorilievo si vede anche Giuseppe che compiaciuto assiste alla scena. In compagnia di quei tre personaggi è una dogana tranquilla.