Le intenzioni che il Papa e i Vescovi italiani affidano all'Apostolato della Preghiera esprimono le preoccupazioni del Santo Padre e i problemi della Chiesa di oggi.
Per questo dobbiamo diffonderle, studiarle e renderle oggetto della nostra preghiera.
Anche la Pia Unione ha le sue intenzioni mensili per cui gli associati rivolgono le loro preghiere e intenzioni.
Il viaggio della vita è fatto in compagnia e le persone che, di tappa in tappa, provvidenzialmente ci stanno al fianco hanno una loro più o meno grande incidenza nella nostra storia.
Per questo dovrei fare memoria di una lunga schiera di persone, ma mi limito ad alcune più significative, a partire, ovviamente, da quelli che mi hanno introdotto nella vita.
I miei genitori: Mario e Maria Cleofe. Lui potrebbe essere definito un uomo di pensiero, lei una donna di intuizione; un connubio di razionalità e di poesia, di forza e di dolcezza. Sapientemente umili, con la sola istruzione elementare hanno saputo esprimere nella loro vita i valori più genuini del cristianesimo: la famiglia salda e numerosa, la responsabilità dell’educazione, il sacrificio del lavoro, l’altruismo. Non posso che pensarli in cielo nella schiera di quelli che hanno vissuto le beatitudini evangeliche.
Il Signore ha progetti a noi sconosciuti e sempre sorprendenti. L’albero radicato sulla roccia dell’Isola San Giulio, cresciuto in modo imprevedibile, era pronto per trapiantare qualche germoglio altrove. E furono molti i vescovi che vennero a chiederci – quasi a supplicarci – di dare una nostra presenza anche alle loro diocesi. Tra le numerose e continue richieste abbiamo potuto assecondarne alcune.
In Valle d’Aosta, il 12 ottobre 2002 nasce il Priorato «Regina Pacis». Il monastero è ricavato dalla ristrutturazione di alcune rustiche “grange” medievali dei canonici del Gran San Bernardo. Come in una culla, circondato dalle montagne, accanto alla Casa ospitaliera dei canonici, la comunità «Regina Pacis», costituita inizialmente di sette membri, è pure gradualmente cresciuta. Ora sono una quindicina di monache. Le attività che esse svolgono sono, in misura proporzionata, alcune di quelle già apprese nell’abbazia dell’Isola, in particolare paramenti sacri, icone e artigianato vario.
La vocazione è un mistero di grazia: non è facile descriverne l’origine e lo sviluppo. Riconosco che la mia vocazione monastica ha le sue radici già nell’infanzia, poiché ho sempre sentito lo sguardo di Dio su di me e ho sempre provato una forte attrattiva verso il Signore, verso la preghiera e il sacro in genere.
Le suore che allora tenevano l’orfanotrofio nel mio paese mi accoglievano a pregare nella loro cappellina e forse speravano che un giorno sarei entrata nella loro famiglia religiosa. Così anche le suore di un altro Istituto che facevano servizio negli ospedali; ma ero adolescente e ancora impegnata a studiare; non era ancora il tempo di pensare a questo.
Avevo circa vent’anni quando la mia buona ex insegnante di scuola elementare, che chiamavo “madrina”, mi accompagnò nel parlatorio del Seminario diocesano per presentarmi a un sacerdote che si dedicava alla formazione dei seminaristi e alla gioventù di Azione Cattolica.
«Ascolti, per favore, questa giovane – gli disse – Ha dentro qualche cosa…», e mi lasciò sola con lui. Egli, vedendo la mia timidezza, cominciò a farmi amabilmente domande circa la mia famiglia, il mio ambiente di vita e i più intimi desideri del mio cuore. In quel tempo, tra i diversi giovani che mi giravano attorno ve n’era uno al quale mi ero affezionata a motivo di sua madre, vedova, che egli faceva molto soffrire conducendo vita scapestrata e trascurando gli studi universitari. Gli volevo bene, ma il mio intento era soltanto quello di farlo diventare buono. Del resto, lui stesso non osava farmi le proposte che solitamente faceva a tutte le ragazze. Teneva infatti un quaderno su cui scriveva i nomi di quelle che aveva “conquistato”, vantandosi di averne elencate già un centinaio! Dopo molti anni, venni a sapere di una sua confidenza fatta ad un amico che allora si stupiva del fatto che non tentasse di sedurmi: «Quando pensavo di conquistarla, una voce mi ha gridato: Quella non la tocchi!». Cose strane, ma che certamente avvengono sotto la regia divina. Per questo di nulla possiamo vantarci se non della gratuità della salvezza operata da Dio.
Nulla nella nostra vita avviene a caso. Su ciascuno di noi c’è un disegno di Dio che egli stesso porta a compimento predisponendo i mezzi e le circostanze favorevoli, richiedendo da parte nostra la docilità, la libera adesione – per fede – alla sua volontà.
Mi spiego così il fatto che i miei genitori – nonostante le difficoltà economiche – mi abbiano fatto continuare gli studi, mentre i miei fratelli e le mie sorelle, non meno intellettualmente dotati di me, furono avviati ben presto al lavoro. Forse c’era anche il motivo della mia gracile costituzione fisica. Per tutti i familiari, comunque, andava bene così e, senza ombra di gelosia, si compiacevano di quel che imparavo anche per loro.
Gli anni degli studi furono da me vissuti come in continuo e fiducioso esodo.
Il 10 giugno 1940, mentre stavo accanto a mia madre che, seduta davanti a casa sotto il tiglio, allattava l’ultimo fratellino, arrivò una donna gridando: «È scoppiata la guerra! Il Duce ha proclamato alla radio che anche l’Italia si è alleata alla Germania ed è entrata in guerra!». Mia madre ebbe un sussulto e strinse a sé il bimbo come per proteggerlo: «Misericordia, Signore! Che avverrà di tutti noi?».
Prima conseguenza fu la chiamata degli uomini – giovani e meno giovani – sotto le armi. Avevo nove anni; non sapevo ancora che cosa fosse una guerra mondiale, ma ne intuivo la gravità dallo sgomento che vedevo sul volto delle due madri. Di fatto la nostra vita subì un brusco cambiamento.
A quel tempo nel piccolo paese in cui abitavo non c’era né asilo nido, né scuola materna. Si incominciava con la scuola elementare, e questo costituiva un grande evento sia per i bambini che per le famiglie, specialmente per chi abitava in case isolate.
Si trattava, infatti, di abituarsi ad entrare in relazione con altri bambini sconosciuti e con una insegnante che – per quanto fosse materna – non poteva supplire la mamma.
La scuola come luogo per imparare a leggere e a scrivere mi piaceva molto, ma la mia estrema timidezza mi metteva in difficoltà con alcuni compagni dispettosi, che arrivavano persino a intingermi la punta delle treccine bionde nel calamaio! Allora, infatti, non c’erano ancora le biro o le penne stilografiche, ma si usavano le cannucce di legno con i pennini infilati sulla punta, quindi su ogni banco di scuola c’erano i calamai incastrati in un foro per intingere, e si usava la carta assorbente per le inevitabili macchie.
Canopi/Gennaio2011
Rievocare in età avanzata le esperienze e le impressioni avute nella prima infanzia può essere per tutti un modo di ricuperare un mondo apparentemente perduto e forse anche per ritrovare la chiave di lettura del proprio mondo interiore nel momento attuale. Non è però facile rievocare la propria infanzia “a voce alta”, ossia raccontarla ad altri. C’è una innata riservatezza, come un velo oltre il quale neppure noi possiamo spingere lo sguardo. Siamo pienamente conosciuti soltanto da Dio, poiché egli è l’Amore che ci ha creati e che ci sostiene in vita.
Rev.mo don Mario,
leggendo la Santa Crociata ho notato che non solo sono pubblicati i nomi dei defunti ma inviata alle famiglia anche una pagellina d’iscrizione al suffragio perpetuo. Le scrivo per ricordare la mia amata nonna che mi ha fatto da madre, la quale era devotissima a San Giuseppe.
Mia nonna ha chiesto un lavoro sicuro a san Giuseppe, perché il marito era gravemente malato. Lei divenne infermiera e fu assunta in ospedale il giorno di San Giuseppe, il 19 marzo. Da allora a casa nostra una lampada è accesa giorno e notte davanti alla statua di san Giuseppe ed io ho promesso alla nonna di continuare a mantenere accesa questa lampada segno della fede in Dio e per devozione a San Giuseppe.
Noi amiamo San Giuseppe e so che mia nonna Nerina adesso finalmente può vederlo e stare con lui a contemplare Dio.
Chiedo la Benedizione per intercessione del Glorioso Patriarca.
Maurizio Buscemi Bongiorno.
Caro Maurizio,
grazie della bella testimonianza e della perseveranza nell’aver ancorato la sua fede in Gesù e, sopratutto, nel suo papà terreno, San Giuseppe. Il silenzio di San Giuseppe è una miniera di saggezza e di pronta disponibilità a eseguire la volontà del Padre. Dio, il creatore, ha affidato alle cure di questo falegname di Nazareth la custodia di suo Figlio perché lo facesse crescere in umanità, sapienza e grazia introducendolo nella vita del suo popolo. San Giuseppe è l’ultimo dei Patriarchi. Egli si è messo a disposizione di Dio affidando la sua vita ai desideri dell'Eterno-Padre, completando così il suo disegno sognato con Abramo il primo dei patriarchi. San Giuseppe è un Santo da invocare e da imitare.
La luce perpetua davanti all’immagine di San Giuseppe a ricordo della nonna Nerina sia il segno di una luminosità riflessa dal cuore della sua fede, caro Maurizio, come della testimonianza delle sue opere di carità a favore del prossimo.
Egregio Direttore,
le sto scrivendo con le lacrime agli occhi per la commozione, perché sto seguendo alla televisione l’arrivo di Papa Francesco a Lampedusa. Quante grazie ci dona il Signore! Dovremmo impegnarci tantissimo. Giuseppe, mio marito, affetto da sclerosi multipla da quarant’anni, gioisce per queste manifestazioni, ma soffre tanto, come tutte le persone affette da questo terribile male. A Cosenza e in Calabria i malati di sclerosi multipla sono oltre 1500, molti di loro sono soli. Come AISM ci impegniamo (molti amici hanno aderito all’invito) ma la mancanza del servizio civile non ha permesso di tenere aperti tutti i servizi di accompagno alle terapie. Si lavora molto ma non si è mai efficienti in modo completo. Caro direttore affido tutto alle sue preghiere.
Anna Flaminia Veltri Botta,
Cosenza
Gentile signora Anna,
dobbiamo dire che purtroppo quasi ogni giorno le lacrime spuntano nei nostri occhi nel vedere l’immenso dolore di questi nostri fratelli e sorelle che in nome di una speranza chiamata benessere si avventurano in queste incerte avventure. Papa Francesco invita noi cristiani a frequentare le periferie della vita sociale, ma non solo le periferie estreme delle acque di Lampedusa, ma le periferie dei nostri paesi, le case della solitudine dei nostri condomini, le abitazioni senza sorriso dei vecchi soli o delle malattie invalidanti.
Abbiamo tutti bisogno di un supplemento di amore verso il prossimo. Chi davvero crede nel Dio amore non deve accontentarsi delle parole, ma cantare alla vita con le azioni dell’amore fraterno.
Egregio direttore,
sono abbonata a La Santa Crociata e divulgatrice del Sacro Manto da oltre cinquant’anni. Fin da giovanetta avevo scelto di vivere sotto la protezione di San Giuseppe, e non soltanto perché ne porto il nome. Infinite sono le grazie che il mio caro San Giuseppe ha riversato su di me e sulla mia famiglia. La grazia più strepitosa l’ho avuta il 6 maggio scorso, nel pomeriggio, quando mio marito è stato colpito da infarto acuto alle coronarie, così grave che i medici, dopo sette defibrillazioni e sei punture di adrenalina, non riuscivano a rianimarlo. Vedendo mio marito in quelle condizioni ho chiesto disperatamente aiuto a san Giuseppe. Trasportato d’urgenza in ospedale, fu operato e trasferito per dieci giorni in rianimazione, intubato e con prognosi riservata. Il giorno 13, festa della Madonna di Fatima, riaprì gli occhi. Trasferito nel reparto di cardiologia, piano-piano cominciò a migliorare con grande meraviglia e incredulità di tutti i medici per la pronta reazione. Ho sempre sperato e pregato tanto il mio patrono e dopo circa un mese di degenza mio marito è tornato a casa e continua a star bene per la gioia di tutti noi. Non ho parole per ringraziare Dio, la Mamma celeste e il mio caro san Giuseppe.
Pina Cherchi Fiorucci, Genova
Cara e gentile signora Pina,
il suo scritto dipinge i sentimenti del Samaritano che ritorna a ringraziare Gesù per la guarigione della malattia di lebbra. Gesù ha invitato il samaritano ad alzarsi e a riprendere il suo cammino con questa ingiunzione: «Va’, la tua fede ti ha salvato». La fede è fiducia, confidenza, un lasciarsi afferrare per mano e camminare con la certezza che Dio non ci abbandona. San Giuseppe ci aiuta a trovare la mano di Dio e a camminare al suo fianco nella consapevolezza di entrare in un mondo programmato dall’amore anche se non sempre il nostro orologio batte l’ora con quello di Dio. Mai come nel caso di una guarigione straordinaria scienza e preghiera si completano a beneficio di una creatura umana.
Sempre Dio è con noi e ci ripete di non aver paura perché la nostra vita e il suo destino sono nelle mani di un Padre amoroso.
Carissimo Direttore,
ho quasi sessant'anni e ho passato la maggior parte della mia vita senza Dio. Famiglia cattolica, tutti i sacramenti, parrocchia e poi verso i diciassette anni semplicemente non sono andata più in Chiesa. Nel duemila dovevo sottopormi a trapianto di cornea in entrambi gli occhi e ho cominciato ad avere paura, a ritornare in chiesa, alla S. Messa e più tardi con la fortissima intercessione di Santa Rita da Cascia la mia conversione ha portato ad un cambio radicale di vita, iniziata circa quattro anni fa: separazione da mio marito con il quale ero spostata solo civilmente (lui era già divorziato), trasferimento nella mia città natale (Mantova) dove risiedono mia mamma e mio fratello, inizio di una vita più semplice.
A San Giuseppe non pensavo più di tanto, pur frequentando assiduamente la Chiesa fino a quando nel giorno di Natale del 2011 ascoltando l'omelia di un frate carmelitano su San Giuseppe ho sentito l'urgenza di pregarlo. Tornata a casa ho trovato in un libro di preghiere il Manto di San Giuseppe.[…]
Ho iniziato a pregare con il Manto di San Giuseppe e trenta giorni dopo, esattamente al trentesimo giorno ho stipulato il preliminare di vendita. Ho continuato il Manto ed esattamente al trentesimo giorno ho stipulato il rogito di vendita. L'agente immobiliare non credeva a quello che stava succedendo, ma io ho spiegato che era stata l'intercessione di San Giuseppe. Gli acquirenti sono una coppia giovane, "bravi ragazzi", semplici, entusiasti della casa e io di loro.
Da allora San Giuseppe è il mio "consulente finanziario", vivendo della pensione, avendo sostenuto delle grosse spese per l'acquisto della nuova casa ecc., lo prego che mi aiuti a fare le scelte giuste, visto che prima avevo "le mani bucate".
Ho ripetuto il Manto per aiutare mio fratello in due occasioni e sono stata sempre esaudita. A Lui confido i miei problemi concreti e Gli chiedo di aiutarmi nelle scelte pratiche di tutti i giorni. Sempre mi aiuta, sempre interviene anche nelle richieste più banali. Saluti.
Maria Teresa D. V. Mantova