Per seguire, in un percorso storico-artistico, le tracce della diffusione del Cristianesimo a Roma, iniziamo dal primo dato storicamente incontrovertibile, il principato di Ottaviano Augusto sotto il quale, “toto orbe in pace composito”, come si legge nel Martyrologium Romanum, ebbe luogo il censimento in tutto l’Impero.
A tale censimento non si sottrasse neppure Giuseppe della stirpe di Davide, che si recò a tal fine a Nazareth con la sposa in attesa di un figlio… Il resto della storia è noto. E’ da sottolineare che il censimento di tutti i popoli soggetti a Roma avveniva con la ritrovata pace, infatti Ottaviano era giunto al potere dopo anni di guerra civile scatenata dall’uccisione di Giulio Cesare.
La celebre battaglia navale di Azio, in cui Ottaviano aveva sconfitto Antonio, l’ultimo suo antagonista alleatosi con Cleopatra dei Tolomei d’Egitto, aveva decretato la fine della guerra. E da quel 31 a.C., per gli storici, termina l’Ellenismo, cioè la supremazia linguistico culturale della Grecia, ed inizia l’Età romana. Ottaviano riconquistato stabilmente il potere si pose al riordino dell’Impero ed al riassetto urbanistico di Roma. Con una certa enfasi non priva di verità egli disse che aveva trovato una città di mattoni e l’aveva restituita in marmo.
La fede non solo ispira la fantasia dell’artista, ma lavora e plasma la sua stessa vita. Questa considerazione è evidente nelle opere artistiche di Michelangelo e, in particolare, nelle tre "Pietà" che egli ha scolpito. All’età di ventiquattro anni ha scolpito la “Pietà”, quella più nota, la “Pietà” per eccellenza che ammiriamo nella basilica di san Pietro a Roma. È un inno all’amore di una giovane madre che perde un figlio in modo drammatico. Un inno alla fede e alla rassegnazione. Con il passare degli anni il dramma del morire bussa alla vena artistica dell’artista fiorentino e la morte prende il volto nella “Pietà”. Le sculture delle tre “Pietà” nella vita dell’artista hanno un itinerario quasi privato. A ventiquattro anni scolpisce una bellezza sontuosa, pur nel dramma della morte del Figlio di Dio. Le ultime due “pietà”, quella del Museo del duomo di Firenze e quella del Castello Sforzesco di Milano, sono lo specchio del suo stato d’animo di fronte alla morte. “L’incompiuta”, a Firenze, nella fisionomia di Nicodemo che sorregge il Cristo ci dona il suo autoritratto, il suo volto. La “Pietà” di Milano, nominata abitualmente “Pietà Rondanini”, è l'ultima opera di Michelangelo. Ad essa il Maestro dedicò gli ultimi pensieri e anche le ultime ore di vita.
Cari ascoltatori,
come sempre un saluto particolare alle persone ammalate, sofferenti nel corpo e nello spirito. Lo sappiamo da sempre che non tutte le malattie sono guaribili, ma tutte le malattie sono curabili e questo nostro incontro spirituale vuol essere un farmaco per curare la malattia della solitudine, dello sconforto e della sfiducia. Sono queste le malattie più pesanti che nessuna medicina se non la compagnia e l’amore tenero riescono a guarire.
Caro san Giuseppe,
vogliamo trascorrere quest’ora di tempo in tua compagnia e accanto alla tua dolcissima sposa Maria.
Nella mattinata di domani tutti i vescovi del mondo cattolico celebreranno la messa crismale, per consacrare quest’unguento per la celebrazione dei sacramenti del battesimo, della cresima, dell’ordine sacro e per il sacramento della guarigione l’unzione dei malati.
La Settimana Santa ci presenta un vasto insieme di immagini simboliche, assai emozionanti, ricche d’insegnamento e di una coinvolgente testimonianza come ad esempio: la lavanda dei piedi, la frazione del pane, la discesa agli inferi.
Domani, prima che il sole tramonti, la liturgia compirà come gesto di guarigione nell'azione della lavanda dei piedi.
È un gesto di guarigione per la nostra fragilità umana. Ogni fragilità è rafforzata e si guarisce soprattutto con l’amore e la condivisione: l’amore non guarda mai dall’alto in basso, ma sempre si abbassa per innalzare.
Prima della grande preghiera sacerdotale Gesù con la lavanda dei piedi anticipa lo stile di un servizio, sia per tutto il popolo di Dio ma anche e soprattutto per i sacerdoti: devono imparare a essere servi e non padroni, non funzionari ma solidali compagni di viaggio.
Da grande Gesù dirà di imitarlo: «Io ho fatto, affinché voi facciate».
Già dall’infanzia Gesù aveva imparato come si serve e si ama in modo autentico la vita: servendo.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe, all’inizio di questo mese di marzo che la tradizione secolare della chiesa ha dedicato a san Giuseppe.
Il nome di san Giuseppe è particolarmente legato ai mercoledì del mese, in particolare, come oggi, e, ancora, il 19 di ogni mese e poi tutto il mese di marzo. Il mese di marzo festeggia anche il concepimento di Gesù nel grembo della vergine Maria. Il 25 marzo, infatti, inizieranno i nove mesi in attesa del Natale del Figlio di Dio tra noi.
Caro ed amato San Giuseppe, la liturgia di rito romano domenica scorsa ha fatto riecheggiare nelle nostre assemblee la parola di tuo figlio Gesù, che ci invitava a vegliare, ma anche ci offriva i motivi per essere attenti vigili ai segni della presenza di Dio nella nostra vita. La presenza del divino è una presenza variegata simile ad un riflesso di diamante. A ogni angolazione della luce dà un riflesso di colorazione diversa.