L'Ora di Compieta è il nostro inno di lode per il giorno trascorso e il consegnare a Dio il nostro sonno perché sia generatore di nuove e fresche energia per l’indomani. Nell’orazione finale, prima di recitare la preghiera finale, diciamo: «Il Signore ci conceda una notte serena e un riposo tranquillo». E prima c’è l'orazione finale: «Visita, o Signore, questa tua abitazione, e allontana le insidie degli spiriti cattivi; i tuoi
Angeli abitino in essa, e la custodiscano in pace». In quel momento, nel silenzio della nostra camera o sotto le volte solenni di un’abbazia come nel sogno di Giacobbe, descritto nel libro della Genesi, ci sembra di vedere tanti Angeli che, scendendo dall'alto popolano il cielo di benedizioni che scendono su tutte le famiglie come l'ultima benedizione della giornata.
In questo giorno dedicato dalla liturgia alla memoria degli angeli non possiamo sorvolare le prime pagine dell’evangelista Matteo che nella fase del fidanzamento e dei primi mesi delle vita di Gesù popola i sogni di Giuseppe con la presenza degli angeli che gli indicano la strada da percorrere e i misteri da accettare e il compito di custodire la sua sposa Maria a Nazareth, e poi la famiglia a Betlemme e poi in Egitto.
Questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe è un appuntamento carico di affetto, di stima e di ascolto nell’armonia di suoni che solo l’anima innamorata e ricca di fede sa esperimentare. Vogliamo questa sera parlare a «cuore a cuore» con San Giuseppe, il papà terreno di Gesù.
Vogliamo ambientare la nostra preghiera nella casa di Nazareth, questa famiglia esemplare che costruisce la propria esistenza in un intreccio tra il divino e l’umano.
San Giuseppe ci è maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che sa dare alle nostre parole e alle nostre richieste.
Il suo silenzio - l’abbiamo detto tante volte - non è mutismo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, pienezza di beatitudine evangelica.
All’inizio di questo appuntamento un cordiale saluto a tutti: alle ascoltatrice e agli ascoltatori, a chi ci ascolta in casa o per strada tornando dal lavoro, a chi sta preparando la cena, ma, in particolare modo, a chi è afflitto dalle molte contrarietà, avversità che partono dalla cattiva salute, dai disagi interiori delle depressione, dall’insofferenza nei confronti della stessa vita. Un saluto particolare a chi è arrabbiato con l’esistenza stessa, per chi ancora non ha trovato un motivo forte e valido per vivere, un ideale abbraccio a chi si sente inutile, solo, a chi è senza amici.
Carissimo San Giuseppe,
in questa calura estiva,idealmente, mi siedo accanto a te all’ombra di un albero per confidarti un sentimento di gioia per il clima di serenità che papa Francesco ci ha permesso di vivere la scorsa settimana con la Giornata mondiale della gioventù. Sono state giornate intense di fede, di speranza, di condivisione e soprattutto di programmazione della nostra vita.
Al termine di quell’esperienza, il papa ha consegnato ai giovani tre verbi: andate, senza paura e servite.
«Andate. In questi giorni, qui a Rio – ha detto papa Francesco-, avete potuto fare la bella esperienza di incontrare Gesù e di incontrarlo assieme, avete sentito la gioia della fede. Ma l'esperienza di questo incontro non può rimanere rinchiusa nella vostra vita o nel piccolo gruppo della parrocchia, del movimento, della vostra comunità. Sarebbe come togliere l'ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide, si trasmette, perché tutti possano conoscere, amare e professare Gesù Cristo che è il Signore della vita e della storia (cfr Rm 10,9).
E’ la prima vota che ci sentiamo dopo il bellissimo dono che papa Francesco ci ha fatto decretando di nominare il nome di San Giuseppe, accanto a quello di Maria, in tutte le celebrazioni eucaristiche. Ogni giorno in tutto il mondo, in tutte le comunità ecclesiali vengono affidate alle mani di San Giuseppe le sorti delle Chiesa e le nostre intenzioni.
Abbiamo una nuova sorgente di grazie.
Nel cuore delle nostre preghiere a San Giuseppe ci sono tutti i bambini e in particolare quelli che sono in sofferenza per malattie fisiche e morali (causate da separazioni dei genitori, abbandoni, violenze).
La nostra preghiera vuol esser, come sempre, il respiro del mondo: respirare i motivi della gioia per eventi lieti e accollarsi sulle spalle le sofferenze, i disagi e le lacrime dei poveri del mondo. In particolare vogliamo affidare a san Giuseppe il mondo giovanile, i giovani in cerca di lavoro, chi sta sostenendo gli esami di maturità.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe. E’ il nostro primo appuntamento dopo l’elezione di Papa Francesco, il primo appuntamento dopo la Pasqua e, con la liturgia della Parola di oggi, viviamo nell’atmosfera dei discepoli di Emmaus, forse, anche noi, con l’animo appesantito dalla delusione, dagli affanni o dalle preoccupazioni, ma anche disponibili a ripercorrere il nostro cammino generoso verso Gerusalemme e tuffarci idealmente nella gioiosa comunità dei credenti in Cristo.
Caro ed amato San Giuseppe, la liturgia di rito romano domenica scorsa ha fatto riecheggiare nelle nostre assemblee la parola di tuo figlio Gesù, che ci invitava ad alzarsi e a levare il capo, per intravedere come vicina la nostra liberazione. C’è un invito e una costatazione: alzare il capo e una speranza vicina. Anche la tua vita è stata popolata di inviti: a prendere Maria tua sposa, a partire per Betlemme per il censimento, fuggire in Egitto. Ritornare dall’Egitto. All’invito di Dio hai sempre obbedito con generosità, ha sempre gettato l’ancora della speranza nel futuro e hai esperimentato che il futuro era colmo di grazia, colmo di Dio.
Anche noi stiamo vivendo il nostro avvento come tu l’hai vissuto. L'Avvento è il tempo che prepara le nascite, è il tempo in cui la tua sposa era in attesa del parto. L’attesa è il tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere.
Oggi siamo qui a riflettere a pregare a chiederci: cosa davvero attendiamo?
Le pagine dell’evangelo ci prendono per mano e ci introducono oltre la soglia della porta della fede e ci aiutano a guardare in alto, a percepire il mondo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un’immensa vita e portatore del dono della fede per aiutare la gente del nostro a credere.
Caro San Giuseppe, all’inizio di questo mese in cui nel ricordo dei nostri cari defunti abbiamo bisogno non solo di tanta, ma di tutta la gioia dei santi per riuscire ad affrontare il doloroso tema della morte che tu, o caro San Giuseppe, hai sostenuto con il conforto e con la presenza di Gesù e della tua dolce e affezionata sposa, Maria santissima. In questo momento di preghiera, di riflessione vogliamo squarciare il cielo e alla luce del Vangelo delle parole del tuo figlio Gesù, alla luce dello Spirito Santo e con l’aiuto anche dei nostri cari defunti vorremmo che questi momenti così dolorosi e drammatici, divenissero luminosi e considerare come verità di fede che la morte è il sonno che ci risveglia in Dio.
In questi nostri tempi avendo la scienza allungate le stagioni della vita, siamo tentati di vivere un’eterna giovinezza.
Incontrare persone è sempre un motivo di gioia, è un soffio di umanità che rinnova la nostra stessa vita, soprattutto, quando i motivi dell’incontro sono nobili come questo momento di spiritualità in compagnia di San Giuseppe.
San Giuseppe è un nostro compagno di viaggio particolarmente ora alla vigilia di un anno dedicato all’approfondimento della nostra fede in Gesù, il Figlio di Dio, che Dio stesso ha dato in consegna a San Giuseppe per introdurlo nella nostra esistenza umana.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe.
E’ un appuntamento carico di affetto, di stima e di ascolto nell’armonia di suoni che solo l’anima innamorata e ricca di fede sa esperimentare. Vogliamo questa sera parlare a «cuore a cuore» con San Giuseppe, il papà terreno di Gesù.
San Giuseppe ci è maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che sa dare alle nostre parole e alle nostre richieste. Il suo silenzio non è mutismo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, pienezza di beatitudine evangelica.
Un affettuoso saluto a tutti, a chi si trova a casa, a chi è in macchina, in viaggio, a chi soggiorna nei luoghi di villeggiatura, ma in particolare alle persone in difficoltà per tante ragioni, per la salute sia fisica che morale, per i disagi dell’incomprensione, anche una carezza ai bambini e a tutti un incoraggiamento affinché il Dio della vita con l’intercessione potente di San Giuseppe ci possa donare gioia di vivere e la forza per affrontare senza paura le difficoltà che incontriamo nel sentiero della nostra esistenza. Oggi la chiesa celebra la memoria di San Alfonso Maria dei Liguori, fondatore dell’ordine dei Redentoristi.
Questo santo che dopo aver esercitato la professione di avvocato, si è fatto prete, ha fondato appunto l’ordine dei Redentoristi e fu vescovo nella regione campana a Sant’Agata dei Goti in Campania, Sant’Alfonso è stato un grande devoto di San Giuseppe.
Innanzitutto ha consacrato il suo ordine alla protezione di San Giuseppe.
Era una grande intelligenza ed è stato paragonato a San Tommaso. Ha scritto libri di teologia morale he hanno formato nei seminari generazioni e generazioni di giovani preti.
Uomo di grande capacità comunicativa, sapeva parlare ai dotti e alle gente semplice; ha scritto un libro di novene a San Giuseppe. Nei suoi scritti di morale e nella preghiera cita spesso San Giuseppe come patrono dei morenti e il santo della buona morte.
Ma tutti noi ricordiamo Sant’Alfonso perché è l’autore del canto natalizio: «Tu scendi dalla stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo».
Queste mie parole volano nelle case, nelle strade e mi sento un messaggero che annuncia pace, serenità e benessere fisico e spirituale. E prego che queste parole abbiano il sapore dell’eternità e non siano imbrigliate nella rete dell’egoismo e dell’indifferenza.
Fa’, o Signore, che queste parole inquietino la nostra vita. Non permettere che siano svuotate dal sapore di eternità e che noi restiamo affascinati da parole che null’altro sono che l’eco della tua stessa parola inviata a noi.
Ti prego, o Padre di misericordia, anche per chi può essere ostile a queste parole di speranza e di vita. Fa’ che la Parola trovi un pertugio per infilarsi nel loro spirito e liberare le potenzialità che ogni persona porta in sé come patrimonio della sua esistenza.
In questo cammino vogliano avere accanto San Giuseppe, l’uomo giusto, l’uomo della fede grande.
Siamo alla vigilia della chiusura delle scuole, all’indomani dell’Incontro mondiale della famiglie a Milano.
Vorrei, e per questo prego, che le mie parole questa sera fossero un eco di eternità che riecheggia nelle nostre anime.
Sosteremo insieme a San Giuseppe che dal cielo ci è compagno eterno e amico inseparabile.
Allora un saluto a tutte le ascoltatrici e gli ascoltatori sintonizzati sulla onde di Radio Mater. Una carezza particolare ai bambini e a tutte le persone in ascolto, soprattutto quelle visitate dal disagio della malattia e vorrei pensare e pregare anche per chi vive un momento drammatico e pauroso del terremoto in Emilia.
Tenteremo di illuminare ed impregnare del senso dell’amore il nostro soffrire.
Prima, però, vorrei pregare e concentrarmi con un pittore davanti alla tela bianca. Ogni incontro con Dio è un’esperienza singolare: parla con Dio anche attraverso l’intercessione di Gesù, di Maria e di San Giuseppe segna la nostra vita e ci porta ad ammirare panorami nuovi illuminati dalla speranza.
Come Mosé davanti al roveto ardente illuminato dalla presenza dell’Onnipotente Iddio, anch’io mi metto di fronte a Dio e lo prego perché mi conceda una mente e un cuore trasparente come il cristallo e ardente come un roveto in fiamme.
Prepara, o Padre, il mio cuore per una fruttuosa meditazione, allontana da me pensieri inutili, i turbini della mente e le insidie del maligno perché in Gesù tu sei la Via, la Verità e la vita.
Ti prego, o Padre, fa’ del mio intelletto uno splendido specchio delle tua immagine.
E tu, Spirito Santo, donami un raggio delle tua saggezza. E voi Vergine Maria e San Giuseppe, accompagnatemi in questa conversazione affinché u raggio di speranza illumini chi ascolta.
L’evangelista san Luca nel comporre il suo evangelo, “la buona notizia” dell’amore di Dio per noi, sottolinea che quando Gesù si avvicina alla realtà s vede fiorire la gioia.
Leggiamo nel vangelo infatti che un bimbo ritrova la vita, un ammalato la salute, una mamma di riabbracciare il figlio pianto come morto, un’anima triste si vede fiorire un sorriso, l’affamato un pezzo di pane, chi è disperato e senza amore si ritrova un cuore caldo di affetto, una mano amica che lo aiuta a proseguire il suo cammino.
Negli scritti di San Luca sia nell’evangelo come negli Atti degli apostoli non lascia mai cadere questa caratteristica.
Dante Alighieri definisce san Luca il pittore della mansuetudine di Cristo.
Nell’ultima riga del suo vangelo san Luca ci fa leggere, e, soprattutto, vivere questo annuncio: dopo che gli apostoli videro Gesù ascendere al cielo tornarono a Gerusalemme con “il cuore pieno di gioia”.
Siamo entrati da pochi giorni nel mese di maggio e maggio è l’esplosione dei colori della vita. I colori diventano l’alfabeto della gioia e cantano l’amore alla vita.
La terra si fa ospitale e i colori dei fiori danno speranza per la raccolta dei frutti.
Nella tradizione della Chiesa il mese di maggio è dedicato alla devozione alla Madonna, il fiore più bello dell’umanità, la madre della speranza che apre il suo essere a Dio e inaugura una felice eternità per l’umanità intera. Maria di Nazareth è il frutto dell’umanità da sempre sognato da Dio. Chi si avvicina con fede a Gesù non può fare a meno di innamorarsi di questa madre tenera ed affettuosa.