«Continuamente gli muore un mondo, che a se stesso non somiglia, un mondo fatto non di colori, ma di brusii». Sono due versi da «Profilo di un cireneo» che Karol Wojtyla ha scritto nel 1958, quattro mesi prima di diventare vescovo di Cracovia. Era una Via Crucis che ha per protagonista Simone di Cirene, il contadino che tornando dai campi fu chiamato dai soldati ad aiutare Gesù sulla via del Calvario. Per il futuro pontefice, Simone rappresenta l’uomo contemporaneo che, accanto a Gesù, si fa compagno di viaggio nell’aiutare e nel soccorrere il prossimo in difficoltà. Quattordici sono i personaggi che il Cireneo è chiamato a soccorrere. Sono tutti nostri contemporanei. S’incomincia con il melanconico. Lo schizofrenico, un attore, una ragazza delusa in amore, i bambini, due operai, un intellettuale, un emotivo, un volitivo, un cieco, al quale sono riferiti i due versi iniziali. Un pellegrinaggio con Gesù nell’oceano della sofferenza umana.
È in corso in questi giorni il dibattito sul disegno di legge riguardante le “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (DAT), che darà la possibilità di esprimere per iscritto le proprie volontà in merito ai trattamenti sanitari da accettare o rifiutare in caso di futura perdita di coscienza. Il confronto tra i rappresentanti di diversi schieramenti etici e politici si fa ogni giorno più vivace. Ma al contempo cresce anche un certo disorientamento: qualcuno chiede che il testo venga riscritto, altri lo ritengono inutile, o perché troppo restrittivo della libertà individuale, o al contrario perché pericoloso.
Mi pare che i principali dubbi riguardino tre questioni.
È proprio necessaria una legge, o non era meglio regolarci come si è fatto finora?
Si accusa volentieri il mondo moderno, sofisticato nel progresso tecnico, di avere impoverito la sua umanità con un esasperato materialismo godereccio, con uno spazio esclusivo riservato agli arrivismi e agli egoismi individuali, col distacco indifferente per chi soffre, tribola o ha fame. Si dice in genere che si sono smarriti i valori, un regresso preoccupante. C’è da chiedersi se è proprio vero. Di fatto sono le notizie di fatti tristi ad avere più risonanza e confermare i sintomi di un degrado umano. Quelle che testimoniano il valore dell’umanità di oggi scivolano via piuttosto inosservate, come se fossero ovvie, dovute.
Manuela, poco dopo i sessant’anni, comincia ad avere problemi di equilibrio, difficoltà nei movimenti. I medici diagnosticano una malattia degenerativa del cervelletto, con una prognosi infausta, disperante. Non si può guarire e la prospettiva è una riduzione graduale della capacità motoria fino al blocco di qualche funzione vitale, con la morte. Manuela diventa così, pur stando ancora discretamente bene, una paziente terminale, con la previsione di un degradarsi delle sue condizioni fisiche che potrà durare qualche anno.
Giorgio La Pira non era uno svagato sognatore, ma un “moltiplicatore” di Fede autentica, un testimone concreto della carità (come San Luigi Guanella), pronto a far giungere il suo grido di pace dove si innescavano i conflitti. Un siciliano innamorato di Firenze, “terrazza aperta sul mondo”: «I suoi tetti – diceva - formano un “tutto” armoniosamente unito... Città celeste e città terrestr». Impressionato dalla misura dell’uomo che vi si riflette (è la cifra dell’Umanesimo). Gli serviva a spiegare il rapporto finito-infinito, divino-umano.
Molti cuori innamorati di San Giuseppe hanno dato inizio alla filiale della Pia Unione in terra brasiliana. Encomiabile solidarietà nella missione
Circa trent’anni prima i frati cappuccini di Trento erano giunti a San Paolo del Brasile per iniziare il loro ministero pastorale erigendo anche una chiesa, che sarebbe diventata la parrocchia dell’Immacolata Concezione: in quel luogo il 19 marzo 1923 venne aperta la prima filiale della Pia Unione del Transito di San Giuseppe in quella terra, costituendo il Centro nazionale.
Nel suo primo viaggio in Brasile, effettuato mentre si stava dirigendo in visita alle case dell’Argentina, il Superiore Generale dei guanelliani don Leonardo Mazzucchi nel 1938 sostò presso questo convento, ospitato dal padre Isidoro, direttore nazionale della Santa Crociata, col quale visitò anche alcune località in previsione dell’apertura di qualche opera guanelliana in quella terra. Fu lo stesso padre ad interessarsi per trovare la sede e riuscì ad avere in donazione condizionata la casa di una certa Sabina Fleming in San Paolo.
Era urgente che i nostri confratelli vi giungessero, anche perché il provinciale dei Cappuccini aveva fatto sapere di dover trasferire lontano padre Isidoro e sospendere il Centro della Pia Unione.
La porta costituisce il luogo dello scambio tra ciò che è fuori e ciò che è dentro, in termini fisici e soprattutto metafisici. Una porta costituisce per lo scultore una sfida ed un traguardo per la propria carriera
Per ogni scultore, e questo vale anche per Benedetto Pietrogrande, la realizzazione della porta di una chiesa rappresenta un impegno importantissimo. L’artista è infatti consapevole dell’alto valore simbolico di tale lavoro: la porta costituisce il luogo dello scambio tra ciò che è fuori e ciò che è dentro, in termini fisici e soprattutto metafisici. Basta ricordare, su tutte, le porte del Tempio di Salomone, di cui nel I libro dei Re si dà esatta spiegazione circa i tipi di legno, le decorazioni e la copertura a foglia d’oro. Una porta, anche sotto il profilo squisitamente tecnico, presenta vari problemi: è una sfida tra ciò che è piano e ciò che è tridimensionale; implica una visione complessa dell’insieme che tenga conto di ciò che è a livello dello sguardo del fruitore e ciò che è al di sopra e al di sotto di esso; deve consentire la armonica fruizione sia del particolare che del generale senza disarmonie tra le varie parti; deve tener conto della relazione con la struttura architettonica; deve rispondere alle esigenze, ai valori ed alle intenzioni della committenza.
Il 26 maggio, nel ricordo dell’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Guanella, realizzeremo un sogno che portava nell’anima: vedere applicate all’antica porta del duomo di Milano delle rappresentazioni sacre. La porta del duomo fu dismessa per lasciare spazio alla nuova porta di bronzo progettata dallo scultore Lodovico Pogliaghi.
Si procederà all’inaugurazione della nuova «Porta della fede» che renderà ancora più splendente la facciata della nostra basilica, con pannelli raffiguranti i protagonisti della nostra storia di salvezza che accompagneranno i fedeli all’incontro con Dio per mezzo della preghiera.
Quelle figure scolpite nel bronzo portano in una simbolica filigrana il nome di tanti associati alla Pia Unione del Transito di San Giuseppe che hanno collaborato con la loro generosità ad abbellire la «Porta della fede» con l’auspicio che davvero sia per coloro che si affacceranno a quella porta una soprannaturale carezza per infondere coraggio alla vita e costanza nella fede.I santi raffigurati nei bassorilievi sono campioni di fede che hanno realizzato i progetti che Dio aveva su di loro.
Nelle nostre unità di misura troviamo il peso e i centimetri. Il peso di una formella del nuovo portale della Basilica è di poco meno di 50 kg e con una superficie di circa 400 centimetri.
Calcolando il costo di una formella, finita e applicata al nuovo portale, si arriva alla spesa di euro 8000.
In questi dieci pannelli ogni centimetro quadrato è simile a un ideale mosaico in onore di San Giuseppe e ogni centimetro ha un costo di 20 euro.
Allora 1cm² = euro 20 e 2cm² = euro 40 e a seguire: 3cm² = euro 60; 5cm² = euro 100; 10cm² = 200; 100cm² = euro 2.000 e così in prosieguo sino al pannello completo ed eccoci a 400cm² = euro 8000.
Per chi intende collaborare alle spese per la realizzazione di questo pregevole omaggio a San Giuseppe nel giubileo della nascita della Pia Unione, si può utilizzare il c.c.p. n. 413005 o tramite bonifico bancario con l’Iban IT17W056 9603 2030 00002903X43 della Pia Unione.
Per informazioni: tel. 06 39737681 o 06 39740055,
all’e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Nell'iconografia Ambrogio è raffigurato con le insegne del vescovo e ha per attributi il libro, perché è dottore della Chiesa, cioè maestro autorevole di dottrina; l'alveare, che è simbolo di eloquenza ed allude alla leggenda che le api posarono in lui ancora bambino del miele sulle sue labbra, senza pungerlo; il flagello, allusivo alla sua fermezza nel combattere l’eresia ariana e nel contrastare gli abusi del potere imperiale.
La lettera di San Giacomo afferma che «la fede se non è seguita dalla opere in se stessa è morta», questo vuol dire che la fede non nasce direttamente dalle opere, ma fiorisce spontaneamente nelle opere di carità.
Queste due virtù teologali camminano insieme come gemelle: ecco perché accanto alla preghiera e al culto di San Giuseppe fioriscono molte opere di carità che trovano il loro giardino nell’attività caritativa della’Opera don Guanella soprattutto in terra di missione: dall’India al Brasile, dalle Filippine agli Usa, da Nazareth a Roma, dalla Colombia al Cile e in tante altre nazioni africane e dell’America del Sud. Il pane di San Giuseppe arriva a tutti questi fratelli bisognosi di aiuto; così l’elemosina si fa suffragio, un personale sacrificio economico personale si fa beneficio per molti.
Don Guanella diceva che «chi dona al povero presta a Dio» e Dio è molto generoso nella sua ricompensa. Nell’evento della canonizzazione lo Spirito di Dio ha seminato propositi di generosità soprattutto indicando la strada maestra della santità nelle Opere di misericordia corporali e spirituali.
Già lo scorso Natale la nostra Pia Unione ha regalato, ai carcerati rumeni di Rebibbia a Roma, 250 copie del Nuovo Testamento nella loro lingua. L’iniziativa ha suscitato interesse tra gli iscritti della nostra Associazione e si vorrebbe estendere l’esercizio di carità attraverso la costituzione di un’associazione di volontariato denominata «Ain Karin- visitare», a ricordo della visita di Maria ad Elisabetta.
L’associazione ha la finalità di rispondere evangelicamente al «questionario» per il lasciapassare dell’eternità, ripercorrendo la galleria dei volti dei poveri in cui il Cristo ha voluto immortalarsi: il carcerato, l’ammalato, l’infermo, l’affamato, i senza tetto, gli immigrati, lo straniero.
L’Associazione s’impegna a inviare la pubblicazione de «La Santa Crociata in onore di San Giuseppe», come altre pubblicazioni a carattere religioso e culturale a tutti i cappellani delle carceri italiane affinché le distribuiscano ai detenuti favorendo la "rievangelizzazione". Durante la recente visita al carcere di Rebibbia, Benedetto XVI ha ricordato che «La Chiesa riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalità e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace».
Gli associati alla Pia Unione sono invitati a unirsi nella preghiera a questi generosi costruttori di una pace riconquistata e anche a contribuire alle spese che la nostra carità dovrà sostenere per accendere una luce di speranza nell’animo del nostro prossimo. Nella vita di Madre Teresa di Calcutta si legge che quando una giovane si presentava per chiedere di entrare nella sua congregazione, Madre Teresa le diceva di aprire la mano destra e poi di ripiegare le dita uno per volta dicendo: «questo/l’hai/fatto/a/me» - le cinque parole di Gesù nell’evangelo del nostro giudizio finale.
Il tempo ha la misura dello spazio della vita ed esprime concretamente la latitudine della nostra missione nella realtà umana. In un’epoca in cui tutto sembra dovuto e che l’esistenza si pensa che sia un giocattolo a uso e consumo personale, senza alcun impegno di responsabilità verso il prossimo, oggi, invece per il cristiano, attento e coscienzioso più che mai è necessario recuperare le sue responsabilità a livello sia di cittadino sia come membro della comunità ecclesiale.
San Giuseppe, ancora una volta, si presenta come modello di responsabilità generosa e attiva ed è per questo che, in preparazione alla sua solennità del 19 marzo, gli iscritti alla Pia Unione di San Giuseppe hanno la possibilità di ritrovarsi nella basilica a Lui dedicata dalle ore 16.00 alle 17.00 nelle sette domeniche precedenti alla solennità del nostro grande Patriarca. «Le 7 domeniche» iniziano dal 29 gennaio a domenica 11 marzo.
In una stagione un poco «asmatica», a livello di pratica cristiana, lo Spirito Santo offre a tutti di devoti di San Giuseppe la possibilità di rispolverare la grande missione che Dio ha affidato a ogni battezzato e offrire alle persone di buona volontà la tonificante rugiada della preghiera a favore di tanti nostri fratelli e sorelle che hanno smarrito l’abitudine a stare davanti a Dio, unica fonte della vita e della gioia.