Quando, poco più di un anno fa, mi hanno scoperto il tumore, la prima cosa che ho fatto è stata di ringraziare Dio per i 73 anni di salute che mi aveva concesso e quindi mi sono messo nelle sue mani. Un nostro religioso mi chiese se vivevo in una notte oscura questa prova che il Signore mi aveva mandato. Gli risposi… della notte oscura, niente. Piuttosto, che avevo una specie di assenza di sentimenti e l’impressione di un vuoto, ma nella pace. Inoltre è cresciuta in me la convinzione che la cosa migliore, come diceva Edith Stein, è di lasciarci guidare dal Signore.
L’evangelista san Luca nel comporre il suo evangelo, “la buona notizia” dell’amore di Dio per noi, sottolinea che quando Gesù si avvicina alla realtà s vede fiorire la gioia.
Leggiamo nel vangelo infatti che un bimbo ritrova la vita, un ammalato la salute, una mamma di riabbracciare il figlio pianto come morto, un’anima triste si vede fiorire un sorriso, l’affamato un pezzo di pane, chi è disperato e senza amore si ritrova un cuore caldo di affetto, una mano amica che lo aiuta a proseguire il suo cammino.
Negli scritti di San Luca sia nell’evangelo come negli Atti degli apostoli non lascia mai cadere questa caratteristica.
Dante Alighieri definisce san Luca il pittore della mansuetudine di Cristo.
Nell’ultima riga del suo vangelo san Luca ci fa leggere, e, soprattutto, vivere questo annuncio: dopo che gli apostoli videro Gesù ascendere al cielo tornarono a Gerusalemme con “il cuore pieno di gioia”.
Siamo entrati da pochi giorni nel mese di maggio e maggio è l’esplosione dei colori della vita. I colori diventano l’alfabeto della gioia e cantano l’amore alla vita.
La terra si fa ospitale e i colori dei fiori danno speranza per la raccolta dei frutti.
Nella tradizione della Chiesa il mese di maggio è dedicato alla devozione alla Madonna, il fiore più bello dell’umanità, la madre della speranza che apre il suo essere a Dio e inaugura una felice eternità per l’umanità intera. Maria di Nazareth è il frutto dell’umanità da sempre sognato da Dio. Chi si avvicina con fede a Gesù non può fare a meno di innamorarsi di questa madre tenera ed affettuosa.
Siamo alla vigilia dei grandi eventi della vita cristiana: accanto all’abisso della violenza degli uomini che non riconoscono in Gesù il messia e lo condannano c’è anche il tradimento degli apostoli, la solitudine di Gesù nel Getzemani, ma dentro alla galleria buia dell’abbandono s’innesta l’evento singolare ed unico della risurrezione di Gesù che finalmente rompe le catene della schiavitù del male e apre lo spiraglio di luce dell’eternità.
Allora vorrei e per questo prego che le mie parole, questa sera, fossero un eco di eternità che riecheggia nella nostre anime.
Cammineremo insieme a San Giuseppe che dal cielo ci è compagno eterno e amico inseparabile.
Un saluto a tutte le ascoltatrici e ascoltatori sintonizzati sulla onde di Radio Mater. Una carezza particolare ai bambini e a tutte le persone in ascolto, soprattutto quelle visitate dal disagio della malattia.
Tenteremo di impregnare del senso dell’amore il nostro soffrire.
Vorrei questa sera iniziare il nostro dialogare con un omaggio ai nonni raccontando questo dialogo tra un nonno e un nipotino.
Don Guanella diceva che «chi dona al povero presta a Dio» e Dio è molto generoso nella sua ricompensa. Nell’evento della canonizzazione lo Spirito di Dio ha seminato propositi di generosità soprattutto indicando la strada maestra della santità nelle Opere di misericordia corporali e spirituali.
Già lo scorso Natale la nostra Pia Unione ha regalato, ai carcerati rumeni di Rebibbia a Roma, 250 copie del Nuovo Testamento nella loro lingua. L’iniziativa ha suscitato interesse tra gli iscritti della nostra Associazione e si vorrebbe estendere l’esercizio di carità attraverso la costituzione di un’associazione di volontariato denominata «Ain Karin- visitare», a ricordo della visita di Maria ad Elisabetta.
L’associazione ha la finalità di rispondere evangelicamente al «questionario» per il lasciapassare dell’eternità, ripercorrendo la galleria dei volti dei poveri in cui il Cristo ha voluto immortalarsi: il carcerato, l’ammalato, l’infermo, l’affamato, i senza tetto, gli immigrati, lo straniero.
L’Associazione s’impegna a inviare la pubblicazione de «La Santa Crociata in onore di San Giuseppe», come altre pubblicazioni a carattere religioso e culturale a tutti i cappellani delle carceri italiane affinché le distribuiscano ai detenuti favorendo la "rievangelizzazione". Durante la recente visita al carcere di Rebibbia, Benedetto XVI ha ricordato che «La Chiesa riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalità e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace».
Gli associati alla Pia Unione sono invitati a unirsi nella preghiera a questi generosi costruttori di una pace riconquistata e anche a contribuire alle spese che la nostra carità dovrà sostenere per accendere una luce di speranza nell’animo del nostro prossimo. Nella vita di Madre Teresa di Calcutta si legge che quando una giovane si presentava per chiedere di entrare nella sua congregazione, Madre Teresa le diceva di aprire la mano destra e poi di ripiegare le dita uno per volta dicendo: «questo/l’hai/fatto/a/me» - le cinque parole di Gesù nell’evangelo del nostro giudizio finale.
Se un giorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda... il tempo che ho trascorso ad insegnartelo.
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.
Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno.
Trasmissione del direttore
don Mario Carrera in preparazione
alla festa di San Giuseppe
Caro San Giuseppe,
all’inizio di questo mese di febbraio sono venuto a cercarti a Gerusalemme. Sapevo che saresti venuto al tempio per la presentazione di Gesù. E lì ti ho aspettato insieme al vecchio Simeone e alla profetessa Anna. Domani saranno passati quaranta giorni dalla nascita di Gesù a Betlemme e la legge ti obbliga a presentare la tua offerta al tempio in segno di gratitudine per la paternità, ma anche per rende a Dio l’omaggio riconoscendolo padrone assoluto della vita. Nel caso tuo la padronanza di Dio sulla sua creatura è doppia: è suo figlio, è un frammento di eternità fatta carne umana.
Durante la tua attesa, caro San Giuseppe ho ascoltato i sentimenti del vecchio Simeone; egli come uomo di fede aspettava l’evento della nascita del Messia per il popolo d’Israele. La prolungata e secolare notte del male e delle tenebre avevano acuito il desiderio della venuta del messia. E’ pur vero che orme di luce, ogni tanto come meteore apparivano, ma poi tutto cadeva nella delusione. Sentivo nelle parole di Simeone lo sconforto del popolo eletto nel vedersi governato da oltre cinquant’anni da una nazione straniera. Il disagio e l’amarezza della condizione politica e sociale diventavano pressanti invocazioni a Dio perché mandasse finalmente il messia a liberare dalle catene dal dominio dell’impero romano quel popolo che Dio aveva scelto e prediletto nella storia e per essere la sentinella della presenza della bontà del Dio misericordioso sull’intera umanità bisognosa di luce.
“Nell’accoglienza generosa e amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sull’esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell’uomo per guarirle”.
Lo scrive Benedetto XVI, che nel Messaggio per la XX Giornata mondiale del Malato – in programma l’11 febbraio, sul tema: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19) – si sofferma sui “sacramenti di guarigione”, cioè sul sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell’Unzione degli Infermi, che hanno il loro “naturale compimento” nell’Eucaristia.
Il tempo ha la misura dello spazio della vita ed esprime concretamente la latitudine della nostra missione nella realtà umana. In un’epoca in cui tutto sembra dovuto e che l’esistenza si pensa che sia un giocattolo a uso e consumo personale, senza alcun impegno di responsabilità verso il prossimo, oggi, invece per il cristiano, attento e coscienzioso più che mai è necessario recuperare le sue responsabilità a livello sia di cittadino sia come membro della comunità ecclesiale.
San Giuseppe, ancora una volta, si presenta come modello di responsabilità generosa e attiva ed è per questo che, in preparazione alla sua solennità del 19 marzo, gli iscritti alla Pia Unione di San Giuseppe hanno la possibilità di ritrovarsi nella basilica a Lui dedicata dalle ore 16.00 alle 17.00 nelle sette domeniche precedenti alla solennità del nostro grande Patriarca. «Le 7 domeniche» iniziano dal 29 gennaio a domenica 11 marzo.
In una stagione un poco «asmatica», a livello di pratica cristiana, lo Spirito Santo offre a tutti di devoti di San Giuseppe la possibilità di rispolverare la grande missione che Dio ha affidato a ogni battezzato e offrire alle persone di buona volontà la tonificante rugiada della preghiera a favore di tanti nostri fratelli e sorelle che hanno smarrito l’abitudine a stare davanti a Dio, unica fonte della vita e della gioia.
Il giorno della Pentecoste celebra la nascita della Chiesa: lo Spirito Santo diventa l’anima dei credenti, è il vento nelle vele della Chiesa che la sospinge verso i porti dell’umanità. Alla scuola di Maria i discepoli hanno imparato a conoscere il mistero racchiuso nelle parole di Gesù e da questa presenza hanno attinto la forza della loro missione nel mondo. Solo San Giacomo riceverà il martirio a Gerusalemme, gli altri apostoli testimonieranno la loro fede in Gesù sulle vie del mondo. Pietro è a Roma. Tommaso in India. Paolo è pellegrino nelle città del Mediterraneo.
Io non voglio parlare di Lucio Magri, che non ho conosciuto e non mi sognerei mai di giudicare... So soltanto che non organizzerei una festicciola nell’attesa della telefonata dalla clinica svizzera che annuncia la mia dipartita. (...)
Ma qui mi fermo, perché vorrei spersonalizzare il gesto di Magri, quello che viene chiamato con orrenda ipocrisia “suicidio assistito” e invece va chiamato col suo vero nome: “Omicidio del consenziente”. Magri non era un malato terminale, né tantomeno in coma vegetativo irreversibile tenuto artificialmente in vita da una macchina: era fisicamente sano e integro, anche se depresso. (...)
Dunque vorrei parlarne dai soli punti di vista che ci accomunano tutti: quello logico, quello giuridico, quello deontologico e quello pratico.
Mi piace condividere con voi un tratto di strada della nostra vita e tentare di cogliere la presenza dello Spirito di Gesù in mezzo a noi.
E’ lui che edifica la storia del bene nel mondo.
Don Guanella diceva abitualmente «è Dio che fa».
E’ Dio che ci ha donato la fede. E’ Dio che ci ha fatto nascere in questo tempo e ci ha donato una famiglia, dei genitori, degli amici, una parrocchia, un lavoro e desidera suscitare dentro di noi una nostalgia di divino e farci comprendere che questo nostro mondo ci è stretto e ci diventa sempre più stretto e ha bisogno di un’anima.
Maria nasce come un fiore immacolato. In questa nascita, finalizzata all’ingresso di Gesù nella nostra storia, anche tu, Giuseppe, eri coinvolto. Dio padre aveva posato il suo sguardo su di te, ti ha scelto a rappresentarlo davanti alla legge degli uomini, ma soprattutto si è fidato di te. Ha avuto fiducia nelle tue qualità umane e religiose, sapeva che con te scommetteva in modo sicuro e garantito. Tu da quel giorno entravi nella storia umana come «l’ombra del padre» nei confronti di Gesù e di Maria.
Dio ti ha delegato a rappresentarlo nel campo dell’educazione sociale e religiosa e a far da supporto nella crescita intima dei suoi sentimenti delle sue aspirazioni umane.
Tu hai scoperto la fragranza di questo singolare fiore immacolato solo dopo una quindicina d’anni. Tu sei cresciuto insieme a questo eterno sogno di Dio che finalmente si andava traducendo in realtà. Tu camminavi nei sentieri della tua vita su strade parallele e finalmente le vostre strade si incrociarono.
Tu, giovane promettente di Nazareth, con un buon mestiere fra le mani eri nei sogni di tante ragazze, ma il tuo sguardo era stato catturato da una giovane adolescente di nome Maria.
All’indomani della canonizzazione di don Guanella, con solennità, nella basilica di San Pietro è risuonata la pagina evangelica di Matteo 25, in cui la fame dell’uomo è identificata con la fame di Dio.
Mi sembra di leggere in questa concomitanza un invito provvidenziale a continuare con una nuova tensione e rinnovato entusiasmo sul cammino tracciato dal solenne magistero della Chiesa con il rito della canonizzazione.
Nella filigrana disegnata dalla Provvidenza in questo avvenimento, dalla larga ed entusiasta partecipazione dei pellegrini al rito, dall’eco riservato all’avvenimento dai mezzi della comunicazione, si è avuta l’impressione di cogliere un pressante invito del Fondatore a guardare con maggior determinazione il ventaglio di povertà che la società attuale ci mette di fronte sia sul piano spirituale come in quello sociale.
Il Santo Padre ci ha ricordato che «don Guanella, guidato dalla Provvidenza divina, è diventato compagno e maestro, conforto e sollievo dei più poveri e dei più deboli […] Premurosa attenzione poneva al cammino di ognuno, rispettandone i tempi di crescita, coltivando nel cuore la speranza che ogni essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, gusta la gioia di essere amato da lui – Padre di tutti – e può trarre e donare agli altri il meglio di sé».
Più che mai in questa circostanza «Il meglio di sé» è richiesto a noi discepoli di questa profezia di carità.