Nelle nostre unità di misura troviamo il peso e i centimetri. Il peso di una formella del nuovo portale della Basilica è di poco meno di 50 kg e con una superficie di circa 400 centimetri.
Calcolando il costo di una formella, finita e applicata al nuovo portale, si arriva alla spesa di euro 8000.
In questi dieci pannelli ogni centimetro quadrato è simile a un ideale mosaico in onore di San Giuseppe e ogni centimetro ha un costo di 20 euro.
Allora 1cm² = euro 20 e 2cm² = euro 40 e a seguire: 3cm² = euro 60; 5cm² = euro 100; 10cm² = 200; 100cm² = euro 2.000 e così in prosieguo sino al pannello completo ed eccoci a 400cm² = euro 8000.
Per chi intende collaborare alle spese per la realizzazione di questo pregevole omaggio a San Giuseppe nel giubileo della nascita della Pia Unione, si può utilizzare il c.c.p. n. 413005 o tramite bonifico bancario con l’Iban IT17W056 9603 2030 00002903X43 della Pia Unione.
Per informazioni: tel. 06 39737681 o 06 39740055,
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Nell'iconografia Ambrogio è raffigurato con le insegne del vescovo e ha per attributi il libro, perché è dottore della Chiesa, cioè maestro autorevole di dottrina; l'alveare, che è simbolo di eloquenza ed allude alla leggenda che le api posarono in lui ancora bambino del miele sulle sue labbra, senza pungerlo; il flagello, allusivo alla sua fermezza nel combattere l’eresia ariana e nel contrastare gli abusi del potere imperiale.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe. E’ il nostro primo appuntamento dopo l’elezione di Papa Francesco, il primo appuntamento dopo la Pasqua e, con la liturgia della Parola di oggi, viviamo nell’atmosfera dei discepoli di Emmaus, forse, anche noi, con l’animo appesantito dalla delusione, dagli affanni o dalle preoccupazioni, ma anche disponibili a ripercorrere il nostro cammino generoso verso Gerusalemme e tuffarci idealmente nella gioiosa comunità dei credenti in Cristo.
La lettera di San Giacomo afferma che «la fede se non è seguita dalla opere in se stessa è morta», questo vuol dire che la fede non nasce direttamente dalle opere, ma fiorisce spontaneamente nelle opere di carità.
Queste due virtù teologali camminano insieme come gemelle: ecco perché accanto alla preghiera e al culto di San Giuseppe fioriscono molte opere di carità che trovano il loro giardino nell’attività caritativa della’Opera don Guanella soprattutto in terra di missione: dall’India al Brasile, dalle Filippine agli Usa, da Nazareth a Roma, dalla Colombia al Cile e in tante altre nazioni africane e dell’America del Sud. Il pane di San Giuseppe arriva a tutti questi fratelli bisognosi di aiuto; così l’elemosina si fa suffragio, un personale sacrificio economico personale si fa beneficio per molti.
Caro zio, zietto come mi piaceva chiamarti negli ultimi anni quando la malattia ha fugato il tuo naturale pudore verso la manifestazione dei sentimenti: questo è il mio ultimo, intimo saluto.
Lo sento, Tu vorresti che parlassimo dell’agonia, della fatica di andare incontro alla morte, dell’importanza della buona morte.
Morire è certo per noi tutti un passaggio ineludibile, come d’altro canto il nascere e, come la gravidanza dà, ogni giorno, piccoli nuovi segni della formazione di una vita, anche la morte si annuncia spesso da lontano. Anche tu la sentivi avvicinare e ce lo ripetevi, tanto che per questo, a volte, ti prendevamo affettuosamente in giro. Poi le difficoltà fisiche sono aumentate, deglutivi con fatica e quindi mangiavi sempre meno. Avevi paura non della morte in sé, ma dell’atto del morire, del trapasso e di tutto ciò che lo precede. Avevi paura, paura soprattutto di perdere il controllo del tuo corpo, di morire soffocato. Se tu potessi usare oggi parole umane, credo ci diresti di parlare con il malato della sua morte, di condividere i suoi timori, di ascoltare i suoi desideri senza paura o ipocrisia.
Caro ed amato San Giuseppe, la liturgia di rito romano domenica scorsa ha fatto riecheggiare nelle nostre assemblee la parola di tuo figlio Gesù, che ci invitava ad alzarsi e a levare il capo, per intravedere come vicina la nostra liberazione. C’è un invito e una costatazione: alzare il capo e una speranza vicina. Anche la tua vita è stata popolata di inviti: a prendere Maria tua sposa, a partire per Betlemme per il censimento, fuggire in Egitto. Ritornare dall’Egitto. All’invito di Dio hai sempre obbedito con generosità, ha sempre gettato l’ancora della speranza nel futuro e hai esperimentato che il futuro era colmo di grazia, colmo di Dio.
Anche noi stiamo vivendo il nostro avvento come tu l’hai vissuto. L'Avvento è il tempo che prepara le nascite, è il tempo in cui la tua sposa era in attesa del parto. L’attesa è il tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere.
Oggi siamo qui a riflettere a pregare a chiederci: cosa davvero attendiamo?
Le pagine dell’evangelo ci prendono per mano e ci introducono oltre la soglia della porta della fede e ci aiutano a guardare in alto, a percepire il mondo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un’immensa vita e portatore del dono della fede per aiutare la gente del nostro a credere.
Caro San Giuseppe, all’inizio di questo mese in cui nel ricordo dei nostri cari defunti abbiamo bisogno non solo di tanta, ma di tutta la gioia dei santi per riuscire ad affrontare il doloroso tema della morte che tu, o caro San Giuseppe, hai sostenuto con il conforto e con la presenza di Gesù e della tua dolce e affezionata sposa, Maria santissima. In questo momento di preghiera, di riflessione vogliamo squarciare il cielo e alla luce del Vangelo delle parole del tuo figlio Gesù, alla luce dello Spirito Santo e con l’aiuto anche dei nostri cari defunti vorremmo che questi momenti così dolorosi e drammatici, divenissero luminosi e considerare come verità di fede che la morte è il sonno che ci risveglia in Dio.
In questi nostri tempi avendo la scienza allungate le stagioni della vita, siamo tentati di vivere un’eterna giovinezza.
Incontrare persone è sempre un motivo di gioia, è un soffio di umanità che rinnova la nostra stessa vita, soprattutto, quando i motivi dell’incontro sono nobili come questo momento di spiritualità in compagnia di San Giuseppe.
San Giuseppe è un nostro compagno di viaggio particolarmente ora alla vigilia di un anno dedicato all’approfondimento della nostra fede in Gesù, il Figlio di Dio, che Dio stesso ha dato in consegna a San Giuseppe per introdurlo nella nostra esistenza umana.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe.
E’ un appuntamento carico di affetto, di stima e di ascolto nell’armonia di suoni che solo l’anima innamorata e ricca di fede sa esperimentare. Vogliamo questa sera parlare a «cuore a cuore» con San Giuseppe, il papà terreno di Gesù.
San Giuseppe ci è maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che sa dare alle nostre parole e alle nostre richieste. Il suo silenzio non è mutismo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, pienezza di beatitudine evangelica.
Una giovane donna, Chiara Corbella (28 anni), e suo marito Enrico Petrillo. Entrambi romani, una coppia normalissima molto credente, tanto che si erano conosciuti a Medjugorie. Una storia cresciuta nel dolore e finita male, malissimo.
Chiara non c'è più. È morta il 13 giugno scorso. Ha affrontato due gravidanze, entrambe terminate con la morte alla nascita dei suoi piccoli.
Maria prima e Davide dopo, entrambi vittime di malformazioni che non lasciano loro scampo. Chiara resta ancora incinta. È un maschio, Francesco. Questa volta tutto stava andando per il meglio: le ecografie confermavano finalmente la salute del bimbo. La sfortuna sembrava essersi voltata da un'altra parte. E invece no.
Al quinto mese di gravidanza a Chiara viene diagnosticata una brutta lesione della lingua e dopo un primo intervento, i medici riscontrano un carcinoma. Va curato con la chemio, ma la chemio ucciderebbe il feto. Dinanzi a questa eventualità, Chiara ed Enrico decidono di andare avanti con la gravidanza mettendo a rischio la vita della mamma.
Un affettuoso saluto a tutti, a chi si trova a casa, a chi è in macchina, in viaggio, a chi soggiorna nei luoghi di villeggiatura, ma in particolare alle persone in difficoltà per tante ragioni, per la salute sia fisica che morale, per i disagi dell’incomprensione, anche una carezza ai bambini e a tutti un incoraggiamento affinché il Dio della vita con l’intercessione potente di San Giuseppe ci possa donare gioia di vivere e la forza per affrontare senza paura le difficoltà che incontriamo nel sentiero della nostra esistenza. Oggi la chiesa celebra la memoria di San Alfonso Maria dei Liguori, fondatore dell’ordine dei Redentoristi.
Questo santo che dopo aver esercitato la professione di avvocato, si è fatto prete, ha fondato appunto l’ordine dei Redentoristi e fu vescovo nella regione campana a Sant’Agata dei Goti in Campania, Sant’Alfonso è stato un grande devoto di San Giuseppe.
Innanzitutto ha consacrato il suo ordine alla protezione di San Giuseppe.
Era una grande intelligenza ed è stato paragonato a San Tommaso. Ha scritto libri di teologia morale he hanno formato nei seminari generazioni e generazioni di giovani preti.
Uomo di grande capacità comunicativa, sapeva parlare ai dotti e alle gente semplice; ha scritto un libro di novene a San Giuseppe. Nei suoi scritti di morale e nella preghiera cita spesso San Giuseppe come patrono dei morenti e il santo della buona morte.
Ma tutti noi ricordiamo Sant’Alfonso perché è l’autore del canto natalizio: «Tu scendi dalla stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo».
Queste mie parole volano nelle case, nelle strade e mi sento un messaggero che annuncia pace, serenità e benessere fisico e spirituale. E prego che queste parole abbiano il sapore dell’eternità e non siano imbrigliate nella rete dell’egoismo e dell’indifferenza.
Fa’, o Signore, che queste parole inquietino la nostra vita. Non permettere che siano svuotate dal sapore di eternità e che noi restiamo affascinati da parole che null’altro sono che l’eco della tua stessa parola inviata a noi.
Ti prego, o Padre di misericordia, anche per chi può essere ostile a queste parole di speranza e di vita. Fa’ che la Parola trovi un pertugio per infilarsi nel loro spirito e liberare le potenzialità che ogni persona porta in sé come patrimonio della sua esistenza.
In questo cammino vogliano avere accanto San Giuseppe, l’uomo giusto, l’uomo della fede grande.
«Le persone con disabilità possono essere felici». A Mario Melazzini, già primario ospedaliero, ammalato di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e oggi Presidente nazionale dell’Aisla, l’associazione per la ricerca sulla Sla, abbiamo chiesto una riflessione sul vivere odierno nella disailità, a partire anche dalla sua esperienza personale. «Nella nostra società vivere con una malattia grave o con una disabilità - così esordisce Melazzini - crea angoscia e si fa di tutto per allontanarne il pensiero, o nel caso in cui dovesse arrivare davvero, per allontanare la situazione.
Siamo alla vigilia della chiusura delle scuole, all’indomani dell’Incontro mondiale della famiglie a Milano.
Vorrei, e per questo prego, che le mie parole questa sera fossero un eco di eternità che riecheggia nelle nostre anime.
Sosteremo insieme a San Giuseppe che dal cielo ci è compagno eterno e amico inseparabile.
Allora un saluto a tutte le ascoltatrici e gli ascoltatori sintonizzati sulla onde di Radio Mater. Una carezza particolare ai bambini e a tutte le persone in ascolto, soprattutto quelle visitate dal disagio della malattia e vorrei pensare e pregare anche per chi vive un momento drammatico e pauroso del terremoto in Emilia.
Tenteremo di illuminare ed impregnare del senso dell’amore il nostro soffrire.
Prima, però, vorrei pregare e concentrarmi con un pittore davanti alla tela bianca. Ogni incontro con Dio è un’esperienza singolare: parla con Dio anche attraverso l’intercessione di Gesù, di Maria e di San Giuseppe segna la nostra vita e ci porta ad ammirare panorami nuovi illuminati dalla speranza.
Come Mosé davanti al roveto ardente illuminato dalla presenza dell’Onnipotente Iddio, anch’io mi metto di fronte a Dio e lo prego perché mi conceda una mente e un cuore trasparente come il cristallo e ardente come un roveto in fiamme.
Prepara, o Padre, il mio cuore per una fruttuosa meditazione, allontana da me pensieri inutili, i turbini della mente e le insidie del maligno perché in Gesù tu sei la Via, la Verità e la vita.
Ti prego, o Padre, fa’ del mio intelletto uno splendido specchio delle tua immagine.
E tu, Spirito Santo, donami un raggio delle tua saggezza. E voi Vergine Maria e San Giuseppe, accompagnatemi in questa conversazione affinché u raggio di speranza illumini chi ascolta.